martedì 27 dicembre 2011

BANCHE, FINANZA ED ECONOMIA REALE - PARTE PRIMA


Ancora un contributo dell' Amico Guido Grossi, che pubblichiamo invitando i lettori a esprimere la loro opinione in merito: postate nello spazio riservato ai commenti le vostre idee, osservazioni, domande e giudizi.
L'economia è una materia troppo importante per la vita di ognuno di noi per poterla trascurare.
 r. v.

Una scelta alternativa... e tanta confusione.

Premessa

Il mondo delle banche, della finanza e dell’economia reale è diventato troppo complesso. E troppo importante per poter essere lasciato alla comprensione di pochi. Condiziona le nostre esistenze quotidiane in maniera sempre più invadente e, a volte, oppressiva.

Queste note hanno un duplice scopo: aiutare le persone a digiuno di economia ma soprattutto di finanza, a farsi un’idea di alcuni aspetti importanti; ma anche, forse soprattutto, ad aiutare chi scrive a schiarirsi le idee. Credo, sinceramente, che abbiamo tutti bisopgno di schiarirci le idee in materia. Conto, infatti, su molte critiche costruttive. Qui ci sforziamo d usare volutamente termini e concetti semplificati. Chiunque è però pregato di segnalare eventuali inesattezze che possano distorcere la comprensione della realtà.

Andiamo avanti per piccoli passi. Nessuno oggi riesce a leggere un testo lungo. Dividiamo quindi l’analisi in tre parti, cominciando dal punto di vista del cliente risparmiatore. Poi vedremo il punto di vista degli intermediari (banche). Infine l’aspetto più importante: gli effetti che le scelte dei due soggetti comportano sull’economia reale.


PARTE PRIMA  La scelta del risparmiatore

Un cliente si presenta allo sportello di una banca con un po’ di risparmio. E’ alla ricerca di un rendimento sicuro ed elevato. Gli viene proposta una scelta: aprire un conto di deposito; comprare un titolo sui mercati finanziari; oppure affidare il proprio risparmio alla banca che lo gestirà in maniera professionale, investendolo, per conto del cliente, sui mercati finanziari.

Analizziamo le alternative, partendo dal punto di vista del cliente.

Conto di deposito. Viene offerto un tasso di interesse prossimo allo zero per un conto corrente, destinato a vedere numerose successive operazioni di deposito, prelievo, pagamenti, incassi e servizi aggiuntivi vari. Se il conto è vincolato il tasso d’interesse può essere più alto. Il rendimento netto di tutti questi conti, comunque - dedotte spese, commissioni e tasse - è molto basso, se non addirittura negativo.
Un aspetto molto importante è dato dal profilo di rischio. Il denaro è al sicuro. L’unico rischio che corre il cliente è che la banca fallisca e l’importo del deposito sia superiore a quello garantito dal fondo interbancario di garanzia (100.000 euro). All’interno di quella cifra il capitale depositato è veramente al sicuro.


Titolo. Ce n’è per tutti i gusti. Obbligazioni, azioni, derivati, strutturati... Semplifichiamo moltissimo dicendo solo che comprando un titolo il cliente si assume un rischio diretto sul suo investimento.
Maggiore è il rischio che assume, maggiore la possibilità di ottenere un rendimento elevato.
Sembra un concetto lineare. Invece, nella realtà, la possibilità di comprenderlo interamente cozza contro la natura umana, da una parte, e contro le leggi che sono state scritte in maniera tutt’altro che efficace.
Innanzi tutto bisogna distinguere fra le persone orientate ad assumere rischi e le persone che, invece, sono contrarie ai rischi. Per natura o per circostanze oggettive  e contingenti.
Qui il problema andrebbe risolto con grande trasparenza, separando con coraggio e determinazione le due alternative: ai clienti contrari alla assunzione di rischi si dovrebbe consentire di andare solo presso una banca commerciale, che fa solo operazioni di deposito e di credito. Anche - e soprattutto - perché la propensione al rischio non dipende solo da una condizione psicologica, ma da una condizione pratica molto importante. Per alcuni, perdere una parte dei risparmi è cosa dolorosa ma sopportabile. Per altri può essere oggettivamente disastrosa. (es.il risparmio necessario a pagare rate di mutui, l’istruzione universitaria dei figli, eccetera).
Ad una persona che ha propensione al rischio, invece, (e possibilità di sopportare eventuali perdite) può essere concesso di scegliere fra le varie soluzioni alternative.
Anche in questo caso, però, constatiamo statisticamente che - fra le persone orientate ad assumere rischi - la mente umana tende nella stragrande maggioranza dei casi a sotto stimare i rischi e a sopra stimare le opportunità. Nella realtà, nove persone su dieci concentrano l’attenzione più sul rendimento del titolo, che è più alto del conto di deposito, e molto poco sulla possibilità che il titolo possa perdere valore. Anche tutto il suo valore.
Leggi e regolamenti dovrebbero considerare questi aspetti. In realtà impongono agli intermediari di evidenziare e descrivere approfonditamente il rischio. Ma le descrizioni risultano poi talmente dettagliate e complesse... che la loro efficacia sparisce.
Badate bene, non è poco utile, questa descrizione: per come è fatta (rispettando la legge) diventa dannosa: produce l’effetto opposto. Il pensiero che si forma nella testa dell’investitore profano è il seguente: “ho firmato tante di quelle carte e documenti, prospetti informativi così corposi e complicati che.. non ci ho capito nulla (anzi non li ho proprio letti perché mi ci vorrebbe un mese..) ma il rischio sarà sicuramente piccolo e lontano, visto che quell’investimento me lo hanno descritto così bene e me lo hanno pure consigliato” ...
E’ esattamente come per i disclaimer che troviamo nelle confezioni dei medicinali. Lo sappiamo che sono scritti per avvertirci dei pericoli, degli effetti collaterali. Ma, ci diciamo, quelle cose non capiteranno mai a noi.. E se fossero veramente pericolose e frequenti non sarebbero mica matti da farcele prendere queste medicine... .... In Finanza, la frequenza degli incidenti è enormemente superiore a quella che avviene nel campo dei medicinali (almeno spero). E la forza di attrazione di un bel guadagno facile è molto elevata. 
Fin qui il discorso vale per le cose semplici. E cioè per un titolo di stato, per un titolo obbligazionario della banca o di altre società, per un titolo azionario.
Ma la realtà dell’offerta è estremamente più complessa. Volutamente più complessa: arrivano i derivati. Scommesse. Scommesse sempre più spesso di una complessità insostenibile.
Il grosso guaio, qui, è che non te lo dicono. O, comunque, non te lo fanno capire. Il derivato c’è ma non si vede. Ti ritrovi solo una proposta di investimento confezionata con nomi fantasiosi in cui, sinteticamente, ti dicono: capitale garantito (non sempre ma spesso), rendimento minimo garantito (non sempre ma spesso) e.. se succederà questo o quello.. avrai rendimenti da favola!
Nel prospetto informativo ci sono pure, doviziosamente, scritte le formule. Peccato che su sessanta milioni di cittadini ci possono essere al massimo uno o due individui in grado di capire, leggendo quelle formule, cosa possa succedere al valore del titolo e agli interessi. Si tratta degli individui che hanno fisicamente concepito e strutturato il derivato che è stato infilato dentro al titolo. E, se non hanno a portata di mano un potente computer in grado di analizzare il rischio e le sue infinite variabili.. neppure loro saranno in grado di dire qualcosa di sensato e preciso.
Una cosa che non ti dicono mai (a parte quelle clausolette scritte piccole piccole) è che se sei costretto a vendere il titolo prima della scadenza, il capitale non è più garantito. Può accadere, nella realtà, di perderne una parte. Anche una parte molto significativa.
Per due motivi. Uno: quando ti hanno venduto il titolo, facendolo pagare 100 euro, le banche lo hanno registrato nei loro bilanci ad un valore diverso (90 - 95, ad esempio), realizzando un profitto sulla vendita (un profitto veramente allettante, fate mente locale..). Se il cliente prova a rivendere quel titolo alla stessa banca, dopo una settimana, anche se non è successo nulla sui mercati.. gli diranno che non conviene vendere.. che non si può vendere.. che, comunque, vale un po’ di meno.. non è che ti possono dire: vale 90..!
Due: se i prezzi dei mercati finanziari ai quali il derivato è legato si sono mossi, il valore attuale del titolo varia, anche di molto. Naturalmente può salire e può scendere, il prezzo. Ma, siccome come varia quel prezzo è calcolato con quelle formule astruse che solo una o due persone sono in grado di capire, il prezzo tende a salire poco...quando dovrebbe salire e, misteriosamente, a  scendere molto... quando è giusto che scenda.
Altra cosa non detta. Il capitale è garantito.. nel senso che, se te lo restituiscono, ti restituiscono tutti e cento gli euro investiti, più gli interessi (pochi ed eventuali) maturati nel periodo. Ma non è garantito dal punto di vista del rischio di credito sull’emittente. Un titolo è una promessa di pagamento da parte di un soggetto giuridico che ha emesso il titolo, per raccogliere risparmio direttamente sul mercato: l’emittente. Se questo soggetto fallisce prima della scadenza (che può essere anche di lunga durata.. 5-7-10 anni) Il capitale ce lo siamo giocato. Lo perdiamo tutto o in gran parte. Punto.
Emittente può essere lo stato, un ente pubblico, una azienda privata, un soggetto nazionale o estero. Spesso è la banca stessa, oppure una banca straniera. Pochi percepiscono la differenza con il deposito effettuato presso la banca, che è garantito dal fondo interbancario di garanzia. Se al posto del deposito si possiede un titolo della banca, e questa fallisce, il capitale è perso. Bella differenza, no?
Chicca: la legge richiede alle banche di valutare la capacità degli investitori di “comprendere” i rischi. Cioè: vieta alle banche di vendere titoli a chi non è ritenuto in grado di negoziarli in maniera consapevole.
Peccato che l’assolvimento è - di fatto - formale. Ti fanno leggere e compilare questionari e moduli in cui firmi e sottoscrivi che non sei mica un coglione... Lo sai bene quello che fai... E te ne assumi la responsabilità...
Forse le leggi che servono a tutelare gli investitori dovrebbero essere scritte da qualcuno che non sta dalla parte della finanza.


Risparmio gestito. Se il cliente ha propensione al rischio ma non ha conoscenza dei mercati finanziari può affidarsi all’esperienza professionale della banca. La banca percepisce una commissione per la gestione, investe - direttamente o indirettamente - i fondi sui mercati finanziari, secondo diverse tipologie, e riconosce al cliente i risultati, positivi o negativi, della gestione stessa. Sembra sensato.
Abbiamo già visto che il rendimento di un qualunque investimento finanziario è funzione proporzionale del rischio. Questo è vero anche secondo modelli matematici, che vengono in effetti utilizzati dai professionisti.
L’investimento finanziario a più basso rischio è quello a più basso rendimento. Normalmente è rappresentato dall’investimento a brevissimo termine in titoli di stato o equivalenti.
Un principio basilare, fondamentale, imprescindibile e inviolabile del mondo degli investimenti finanziari, è la tendenza verso la sostanziale parità, nel lungo periodo, del rapporto rischio/rendimento di tutti gli investimenti alternativi. Tanto più forte quanto maggiore è la trasparenza dei mercati.
In parole povere. Un investimento rende di più solo perché è più elevata la probabilità che - ogni tanto - possa comportare la perdita parziale o totale del capitale. Nel breve periodo, se non si verifica l’evento dannoso, il rendimento sarà effettivamente maggiore. Se si verifica l’evento dannoso, il rendimento sarà catastrofico. Nel lungo periodo, invece, facendo la media dei guadagni e delle perdite, il risultato sui diversi mercati tenderà ad essere equivalente.
Gli operatori professionali dispongono di modelli matematici che servono appositamente a confrontare in continuazione i profili di rischio e di rendimento di tutte le alternative disponibili sul mercato. Sempre pronti ad investire quando il rapporto è conveniente, pronti a vendere quando peggiora. Contribuendo così a creare e mantenere quell’equilibrio verso il quale il sistema tende.
Naturalmente il sistema non è perfetto. E non è trasparente. Non è detto che  tutti abbiano le stesse informazioni, come richiederebbe un modello ideale. Ma questo è un altro discorso.
Però, nel complesso, giudicate voi.
Se gli operatori professionali fossero veramente in grado di “garantire”, solo per effetto della propria professionalità, un rendimento superiore a quello “normale di mercato”.. Ma vi pare che starebbero a fare quel mestiere la? Alle dipendenze di un datore di lavoro? Per regalare ai clienti guadagni extra e accontentandosi di uno stipendio, seppure buono e di qualche lauto premio?
La realtà è un po’ più grigia. Nei periodi in cui i mercati finanziari (o alcuni settori dei mercati finanziari) tirano, i rendimenti delle gestioni possono anche dare soddisfazione. Appena arriva un po’ di maretta... Arrivano inevitabilmente i problemi.
In sintesi, il rendimento di una gestione che si confronta con un benchmark  di riferimento (per esempio, con l’andamento dell’indice S&P) sarà pressappoco pari al rendimento dell’indice .. diminuito delle commissioni di gestione.  E' vero che ci sono fondi di investimento, come ad esempio quello di Warren Buffet, che storicamente dimostrano performance superiori alla media. ma quelli, non sono riservati ai cittadini comuni. E non è un caso che la persona citata sia una delle persone più ricche del mondo.


 Come difendere meglio gli investitori.

Il risparmio svolge una funzione sociale enormemente importante. Nella vita degli individui e delle famiglie, per l’economia nel suo complesso. Va tutelato. Va difeso. Le leggi attuali e l’intero sistema delle Autorità coinvolte e preposte NON risponde allo scopo.

Come migliorarlo.

A) Prima cosa da fare: separare il mondo della finanza (titoli) da quello del credito commerciale (depositi e prestiti). Sono destinati a persone che hanno bisogni diversi. E siccome la comprensione è oggettivamente difficile, nell’interesse della società la chiarezza andrebbe imposta a monte: da un lato della strada ci deve essere la banca commerciale; dall’altro lato, la banca d’investimento. Vedremo in seguito altre motivazioni ancora più importanti per suffragare la necessità di questa azione. Ma già questa motivazione dovrebbe essere sufficiente.

B) Sarebbe utile presentare sempre il concetto rischio/rendimento invertendo l’ordine dei fattori: maggiore è il rendimento, e maggiore diventa la certezza statistica che un investimento a rendimento elevato finisce male, prima o poi. Maggiore il rendimento, più alta la probabilità di perdere tutto o parte del capitale investito. Qualcuno lo fa, ma in maniera comprensibile solo ai professionisti.

C) La rappresentazione del rischio deve essere semplice, chiara, trasparente. Contenuta in poche righe scritte con parole e strumenti accessibili al grande pubblico.

D) Mettere un derivato (che è una scommessa) dentro un titolo e proporre il titolo ad un soggetto che non sia uno del mestiere - e cioè uno che per professione struttura e negozia derivati, ed è dotato di strumenti idonei per la valutazione - è un atto criminale. Andrebbe sanzionato in base all’articolo 640 del codice penale. A scanso di equivoci, va vietato per legge. Non può essere semplicemente disciplinato. Non possiamo prenderci in giro. Non possiamo mettere un filo di lana attorno al collo di una Belva infernale, affamata e inferocita, portarla in un asilo nido e sperare che se ne stia buona senza fare danni.


1 commento:

  1. Questo articolo è per chi ha risparmi da investire... Aspetto gli altri per commentare.
    Sandro Franchini

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