giovedì 30 giugno 2011

La libera informazione non è un privilegio per pochi

La Libera Informazione e la grande libertà di Internet danno fastidio ai poteri forti: quella gente vuole mettere il bavaglio anche alla Rete, dopo averlo imposto più che a metà (e forse tra poco del tutto) ai media tradizionali.
A questo proposito, leggete che cosa scrive Claudio Messora sul suo blog:
Combattiamo con tutte le forze questo ennesimo, vile tentativo di controllare l'autonomia dell'informazione e la libertà personale: non restiamo indifferenti, non permettiamo a quattro potenti mummie di ridurci a milioni di burattini rimbecilliti e microchippati.
Amici di Internet, non sottovalutiamo tutto questo.
Ricordate: più ce ne freghiamo, più ci fottono.
 r. v.

ALLARME CENSURA SU INTERNET: firmiamo l'appello di Avaaz!

Giulia Innocenzi di Avaaz ci scrive: la situazione si fa seria, oltre 100.000 di noi hanno inviato messaggi per fermare il bavaglio a internet e ora ci rimangono solo 5 giorni per agire. Inoltra questa e-mail a tutti!

Avaaz.org - The World in Acti

Cari amici,

Fra pochi giorni l'Autorità per le comunicazioni potrebbe votare un provvedimento che metterebbe il bavaglio alla rete, arrivando perfino a chiudere siti internet stranieri in modo arbitrario e senza controllo giudiziario. Inondiamo i membri dell'Autorità di messaggi per difendere la nostra libertà d'informazione su internet!

Sign the petition
Il nostro governo ha lanciato un nuovo attacco alla libertà di accesso all'informazione, e fra qualche giorno un organo amministrativo sconosciuto ai più potrebbe ricevere poteri enormi per censurare internet.

L’Autorità per le comunicazioni, un organo di nomina politica, sta per votare un meccanismo che potrebbe perfino portare alla chiusura di qualunque sito internet straniero - da Wikileaks a Youtube ad Avaaz! - in modo arbitrario e senza alcun controllo giudiziario. Gli esperti hanno già denunciato l’incostituzionalità della regolamentazione, ma soltanto una valanga di proteste dell’opinione pubblica può fermare questo nuovo assalto alle nostre libertà democratiche.

Non c'è tempo da perdere. La prossima settimana l'Autorità voterà la delibera, e se insieme costruiremo un appello pubblico enorme contro la censura su internet potremo fare la differenza. Inondiamo i membri dell'Autorità di messaggi per chiedere di respingere la regolamentazione e preservare così il nostro diritto ad accedere all’informazione su internet. Agisci ora e inoltra l'appello a tutti!

http://www.avaaz.org/it/it_internet_bavaglio/?vl

Negli anni Berlusconi ha cercato più volte di controllare l’informazione su internet, ma finora i suoi tentativi sono sempre falliti. Ora, lontano dai riflettori, il governo ha la possibilità concreta di espandere i suoi tentacoli sulla rete, a meno che i cittadini non alzeranno la voce per fermarlo.

La nuova regolamentazione permetterebbe all'Autorità per le Comunicazioni di rimuovere contenuti sospetti di violazione del copyright da siti internet italiani senza alcun controllo giudiziario. Ancora peggio, la pubblicazione di una canzone o di un testo sospetto potrebbero perfino portare alla chiusura di interi siti internet stranieri, inclusi siti d’informazione, portali di software libero, piattaforme video come YouTube o d’interesse pubblico come WikiLeaks.

Se approvata, la nuova regolamentazione garantirebbe di fatto poteri legislativi e giudiziari a un organo amministrativo le cui funzioni dovrebbero essere esclusivamente consultive e di controllo, aprendo così la strada a un processo decisionale arbitrario e incontrollato. L'Autorità, nella speranza di passare inosservata, sta velocizzando al massimo la decisione, che è prevista per la prossima settimana.

Ma insieme possiamo costruire un enorme grido pubblico e convincere i membri chiave dell'Autorità che sono ancora indecisi a opporsi alla regolamentazione e rimandare così la questione all'unico organo che ha i poteri costituzionali per legiferare sulla materia: il Parlamento. Manda un messaggio ora e inoltra l'appello il più possibile:

http://www.avaaz.org/it/it_internet_bavaglio/?vl

I governi sono sempre più impauriti da internet, che è diventato uno strumento per aprire il dibattito pubblico e per la mobilitazione dei cittadini, e stanno cercando così di imporre regole più strette di censura. Ma i cittadini stanno rispondendo, come in Gran Bretagna, dove l'opposizione dell'opinione pubblica ha costretto il governo a ritirare la legislazione sul copyright che voleva mettere un bavaglio alla rete. In Italia lo scorso anno siamo riusciti a fermare la "legge bavaglio" liberticida. Vinciamo di nuovo!

Con determinazione,

Giulia, Luis, Ben, Ricken, Pascal, Benjamin e tutto il resto del team di Avaaz

FONTI

Campagna di Agorà Digitale, Altroconsumo e altre associazioni contro la delibera AGCOM sulla rimozione automatica dei contenuti su internet:
http://sitononraggiungibile.e-policy.it/

6 luglio, muore il web italiano:
http://espresso.repubblica.it/dettaglio/6-luglio-muore-il-web-italiano/2154694

Agcom, si sveglia l'opposizione politica: "Modifica diritto d'autore spetta al Parlamento":
http://www.lastampa.it/_web/CMSTP/tmplrubriche/giornalisti/grubrica.asp?ID_blog=2&ID_articolo=1219&ID_sezione=&sezione=

Internet: Fini su delibera Agcom, no ai paletti, si tuteli la libertà:
http://www.adnkronos.com/IGN/News/Politica/Internet-Fini-su-delibera-Agcom-no-ai-paletti-si-tuteli-la-liberta_312189942267.html

D’Angelo (Agcom): “La libertà non è un procedimento amministrativo”:
http://zambardino.blogautore.repubblica.it/2010/12/15/dangelo-agcom-il-decreto-romani-un-errore-aver-paura-della-liberta/

Delibera n. 668/10/CONS dell'Agcom, Lineamenti di provvedimento concernente l'esercizio delle competenze dell'Autorità nell'attività di tutela del diritto d'autore sulle reti di comunicazione elettronica:
http://www.agcom.it/Default.aspx?DocID=5415

Il governo britannico pronto a rivedere i suoi piani per bloccare i siti che violano il copyright (in inglese):
http://www.computerweekly.com/Articles/2011/02/02/245187/Government-to-review-plans-to-block-copyright-infringing.htm


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mercoledì 29 giugno 2011

Il signor P. Medeossi, il Messaggero Veneto e la libertà di esprimersi

Ciao a Tutti, sono Adriano Plozzer, ancora una volta sul blog per sfogarmi per l'ennesima ingiustizia subita.
Sto parlando del comportamento a mio avviso scorretto e falso del signor Paolo Medeossi, giornalista del Messaggero Veneto e responsabile sul medesimo quotidiano della rubrica La Posta dei Lettori, rubrica a cui avevo in precedenza inoltrate due lettere, successivamente pubblicate.
Una terza lettera invece, sempre del tenore delle altre due, dove spiegavo la mia non facile condizione di vita, la vita di chi si ritrova a cinquantacinque anni senza più un lavoro nè un reddito ed esprimevo un accorato appello a chi di competenza a prendere dei provvedimenti per venire incontro ai non pochi che nella nostra zona si trovano in questa situazione , non usciva, malgrado durante un successivo contatto telefonico con il signor Medeossi egli mi avesse promesso di pubblicarla, accondiscendendo, così sembrava, alle mie vere e proprie suppliche.
Invece non l'ha fatto.
Ora, io non pretendo che il signor Medeossi si sostituisca al Centro per l'Impiego o ai Servizi Sociali: da lui mi aspetto semplicemente che faccia il giornalista, ossia il lavoro per cui è pagato, in parte anche con soldi pubblici dei finanziamenti di Stato ai giornali, e fare il giornalista, mi pare, dovrebbe voler dire anche riportare fatti, avvenimenti e problemi in cui è coinvolta la gente.
Posso comprendere come non sia piacevole leggere lo scritto di chi deve arrabattarsi per mettere assieme il pranzo con la cena, ma il dovere di cronaca prima ed un minimo di sensibilità umana poi avrebbero dovuto consigliare di far uscire anche la mia triste e concreta lettera, oltre alle decine di missive riguardanti "La Sagra dei Mughetti" e "I problemi della Bocciofila di Cuarnacis"( nomi di fantasia, sostanza reale). 
Si vede che questa società prima ti toglie tutto e poi ti impone anche di tacere, perchè anche il solo parlare di queste cose può infastidire più di qualcuno.
Auguro sinceramente al signor Medeossi di non doversi ritrovare mai nella vita a sperimentare in prima persona quello che sto provando io e gli altri che, alla pari di me, vengono ogni giorno umiliati ingiustamente da questo sistema che tratta degli esseri umani come degli oggetti.

  Adriano Plozzer
     

martedì 28 giugno 2011

Tav in Val di Susa: un sopruso antipopolare


Guarda il video su You Tube


La questione della Val di Susa, comunque la si pensi, pone sul tavolo una volta di più il discorso della democrazia diretta e della sovranità popolare.
Non è accettabile che in una nazione democratica il governo attui delle decisioni di così vasta portata sull'ambiente e l'economia senza tenere conto in primo luogo dell'opinione delle popolazioni coinvolte.
Noi di Quiudinelibera siamo dell'idea che se le cose venissero spiegate con estrema chiarezza e su il Tav in Val di Susa venisse indetto un referendum nazionale, la maggior parte degli Italiani voterebbe contro la realizzazione di quest'opera.
A questo proposito, rimandiamo a un precedente post nel quale Quiudinelibera lancia la proposta ai Cittadini di chiedere alle forze politiche e ai rappresentanti delle Istituzioni la possibilità di eliminare il quorum dallo strumento referendario.
Inoltre, a nostro avviso, non è giustificato l'atteggiamento di quegli Italiani che sembrano vedere nel Tav in Val di Susa un problema esclusivamente degli abitanti di quei luoghi.
Tuttavia, invitiamo anche i Cittadini del posto e gli attivisti a impegnarsi per mantenere la propria giusta protesta entro i limiti della non-violenza, convinti come siamo che inveire con slogan offensivi e scendere ad azioni violente rappresentino, nove volte su dieci, il modo migliore per perdere.

 Lo Staff di Quiudinelibera


                                   
Pro


Bisogna aprire i cantieri Tav in Val di Susa perché...
           
Contro 


Non bisogna aprire i cantieri Tav in Val di Susa perché...
Senza la linea ad alta velocità Torino-Lione, il Piemonte sarebbe isolato da un sistema di trasporti europeo sempre più tendente verso l'alta velocità.
Il Piemonte è già abbondantemente collegato all'Europa soprattutto attraverso la Valle di Susa. In questa valle esistono già due strade statali, un'autostrada e una linea ferroviaria passeggeri e merci a doppio binario. Esiste perfino la cosiddetta autostrada ferroviaria (trasporto dei Tir su speciali treni-navetta). Sono tutte linee di collegamento con la Francia attraverso due valichi naturali (Monginevro e Moncenisio) e due tunnel artificiali (Frejus ferroviario e autostradale).
Le linee ferroviarie esistenti sono sature.
L'attuale linea ferroviaria Torino-Modane è utilizzata solo al 38% della sua capacità. Le navette per i Tir partono ogni giorno desolatamente vuote (anche se vengono "riscoperte" e prese d'assalto quando si verifica un incendio nel tunnel del Frejus). Il collegamento ferroviario diretto Torino-Lione è stato soppresso per mancanza di passeggeri. Il flusso delle merci non è in crescita, da dieci anni.
Per aprire i cantieri si può richiedere l'intervento della forza pubblica perché è un'opera di interesse nazionale. 671 milioni di euro stanziati dalla Ue per la realizzazione della linea ferroviaria Torino-Lione avevano come unico vincolo l'inizio dei lavori entro il 30 giugno 2011, così si sono finalmente sbloccati.
L'uso della forza pubblica per imporre l'inizio dei lavori è segno di una mancata concertazione con le popolazioni locali, prevista obbligatoriamente dalla Direttiva 2000/60 Ue. La militarizzazione del territorio è una compressione delle libertà civili, ed è ciò a cui gli italiani si sono appena opposti con il no al referendum sul nucleare del 12-13 giugno 2011.
La Torino-Lione è indispensabile per il rilancio economico del Piemonte.
Togliendo risorse all'innovazione e al risanamento dell'industria in crisi profonda (Fiat e non solo), la Tav potrebbe appesantire l'economia piemontese.
La TAV toglierà i Tir dalla Val Susa.
Secondo alcuni studi solo l'1% dell'attuale traffico su gomma si trasferirà sulla ferrovia. E i 10/15 anni di cantiere necessari a costruire la Torino-Lione porteranno sulle strade della Valle e della cintura di Torino 500 camion al giorno (e alla notte) per il trasporto del materiale di scavo dai tunnel ai luoghi di stoccaggio.
I Valsusini sono egoisti, non pensano agli interessi dell'Italia e non vogliono sacrificarsi.
Attraverso la Val di Susa, attualmente, passa già il 35% del totale delle merci che valicano le Alpi. Lungo l'Autostrada del Frejus passano circa 4.500 Tir al giorno, contro i 1.500 del Monte Bianco, in val d'Aosta (dove il numero dei Tir è stato limitato per legge).
La Torino-Lione porterà lavoro ai piemontesi.
Come da anni accade per tutte le infrastrutture in corso, si tratterebbe di lavoro precario, per mano d'opera in gran parte extracomunitaria. Inoltre le ditte appaltatrici si porterebbero tecnici e operai dalla loro Regione (ditte e buoi dei paesi suoi). Per i comuni della Valle di Susa e della cintura di Torino arriverebbe invece un bel problema: la mafia. Turbative d'asta sono già state individuate per la fase di sondaggio geologico a carico di uomini politici piemontesi.
Il tracciato della linea ad alta velocità è in gran parte in galleria. L'impatto paesaggistico-ambientale è minimo.
Il tracciato prevede una galleria di 23 km all'interno del Musinè, montagna amiantifera. La talpa che perforerà la roccia immetterà nell'aria una quantità incalcolabile di fibre di amianto invisibili e letali. Il foehn potrebbe portarle fin nel centro di Torino. Respirare fibre di amianto provoca un tumore dei polmoni (mesotelioma pleurico). L'amianto è un materiale fuori legge dal 1977. Ancora: il tunnel Italia-Francia di 53 km scavato dentro al Massiccio dell'Ambin incontrerà (oltre a falde e sorgenti che andranno distrutte) anche roccia contenente uranio. E ancora: una linea in galleria si porta appresso tante gallerie minori, trasversali a quella principale. Si chiamano gallerie di servizio, o 'finestre'. Ce ne saranno 12, con altrettanti cantieri, tutti a ridosso di centri abitati. E ancora: la perforazione di tratti montani così lunghi vicino a centri densamente abitati potrebbe prosciugare le falde idriche e gli acquedotti, come accaduto per le gallerie Tav del Mugello. E ancora: la viabilità sarà stravolta. Verranno costruiti sovrappassi in corrispondenza di ogni cantiere, con guasti già constatabili sull'autostrada Torino-Milano per la tratta TAV Torino-Novara.
E' una grande opera pubblica e fa bene all'economia, anche perché mette in moto capitali privati.
Il costo stimato di 20 miliardi di euro è tutto a carico della collettività. Tutto denaro pubblico, ma affidato a privati, secondo l'invenzione del general contractor. Garantisce lo Stato Italiano. Nessun privato ci metterà un euro, soprattutto dopo l'esperienza del tunnel sotto la Manica che ha mandato in fallimento chi ne aveva acquistato i bond. I tantissimi soldi che servono a quest'opera verranno tolti alle linee ferroviarie esistenti (già disastrate), a ospedali, scuole, ai servizi di pubblica utilità, alle energie rinnovabili. Poi è già previsto che la nuova linea ferroviaria Torino-Lione avrà altissimi costi di gestione e che sarà in perdita per decine di anni. In più, nonostante la maggior parte del tracciato sia in territorio francese, il governo italiano si è impegnato a sobbarcarsi il costo dei due terzi della tratta internazionale (Borgone - St.-Jean-de-Maurienne).
Chi si oppone alla Torino-Lione e all'alta velocità ha un atteggiamento preconcetto, ed è contro il progresso.
La TAV è un progetto vecchio e ormai anacronistico, che prevede una crescita infinita nel volume del trasporto merci (che poi saranno i rifiuti di domani), privilegia come valore solo la velocità e la quantità, ignora i fattori del "se" e "perché" bisogna trasportare qualcosa.

     

Dubbi su una sovranità...che non esiste

Lo scritto che segue è uscito oggi sul blog di Giancarlo Granero sul sito de Il Fatto Quotidiano: come rileva lo stesso autore, dell'argomento trattato, la crisi greca nella UE, si parla, sui media italiani, troppo poco e in modo poco approfondito, soprattutto considerando l'importanza di questi eventi e la loro ripercussione in ambito internazionale.
Si sta decidendo la Storia e l'informazione italiana è silente.
Già in diversi altri interventi sul blog ho espresso il mio pensiero riguardo a quest'Unione Europea che, per com'è fatta, si sta rivelando ogni giorno di più un rimedio molto peggiore del male per la vita dei popoli del Vecchio Continente.
Pur dando una lettura dei fatti diversa da quella di Granero, chè personalmente ritengo che il salvataggio deciso dalla UE per la nazione ellenica sia una sorta di "suicidio assistito", trovo utile che qualcuno si sia deciso a scrivere qualche rigo sull'argomento.
Tra l'altro, Giancarlo Granero è un funzionario della Commissione Europea e proprio per questo non può non stupirmi l'apparente ingenuità della questione posta.

r. v.


Grecia: può uno Stato sovrano suicidarsi?
     
Mi dispiace distogliervi dalle faccende nazionali proprio in un momento in cui, dopo tanto tempo, si coglie il profumo della speranza. Il fatto è che, nel frattempo, altrove (ma molto vicino), si sta facendo la Storia con la esse maiuscola e si stanno decidendo i destini nostri, dei nostri figli, dei nostri nipoti e magari pronipoti. I segni, a ben guardare, sono alla luce del sole.

Primo segno: un uomo politico lussemburghese, Jean-Claude Juncker, nelle sue vesti di presidente dell’Eurogruppo dice qualcosa del genere: vedo che nelle strade in Grecia la gente si ribella, non accetta di pagare con lacrime e sangue le misure di austerità. Anche perché i mega-ricchi non pagano, i poveracci sì. Poi aggiunge: li capisco, ma non c’è alternativa.

Secondo segno: un’istituzione internazionale come il Fondo Monetario, per bocca di qualche funzionario ignoto alle cronache e di un corposo rapporto di una missione investigativa sull’efficacia delle politiche dell’Eurozona, dice (perdonatemi la parafrasi): cari leader dell’Eurozona, sarete pure eletti democraticamente e unti dal Signore, ma per cortesia smettetela immediatamente di litigare in pubblico e mettetevi a lavorare. Il rapporto del Fmi scopre anche l’acqua calda e raccomanda: se non proseguite l’integrazione non risolverete mai i problemi dell’economia europea, e saranno guai per tutti.

Terzo segno: Bob Trichet (si chiama Jean-Claude, ma qui in Belgio Bob è quello che resta sobrio e accompagna a casa gli amici ubriachi – esattamente il compito attuale del presidente della Bce) esplora nuovi mondi chiedendosi e chiedendo: ma se un Paese che viene salvato dalla bancarotta con un prestito non mantiene le promesse fatte per ottenerlo, che si fa? Sarebbe poi così inimmaginabile che qualcuno andasse a ficcare il naso negli affari suoi e prendesse le redini della situazione fino alla fine dell’emergenza?
Solo qualche mese fa una qualunque delle dichiarazioni di cui sopra sarebbe stata considerata blasfema. Come si permette un leader di un altro Paese o un funzionario non eletto di occuparsi di affari interni di uno Stato sovrano?

Questo è il concetto chiave: la sovranità nazionale, alla prova dei fatti. Dov’è la sovranità nazionale di un Paese in bancarotta, costretto ad accettare le condizioni di chi gli presta soldi senza il potere di negoziarle? E’ una democrazia al contrario, in cui si cerca il consenso parlamentare e degli elettori/contribuenti dopo aver firmato il contratto, è ancora democrazia? E se questo consenso non si trova, è accettabile “sospendere” la sovranità con una sorta di tutela sopranazionale? Se sì, come, fino a quando, a che condizioni? Se no, come gestire le conseguenze? Ovvero, può uno Stato sovrano sovranamente suicidarsi?

Ovviamente io non ho le risposte, ma trovo affascinante che queste domande si pongano per la prima volta nella storia delle democrazie occidentali. Peccato invece che se ne parli così poco: mi pare che di tutto ciò non ci sia traccia nella homepage del Fatto. Eppure è Storia, e varrebbe la pena raccontarla e capirla.

domenica 26 giugno 2011

Lewis Powell e la Commissione Trilaterale - Prima Parte

Che cos'è la Commissione Trilaterale e quali interessi rappresenta l'ho già sommariamente spiegato in un precedente post : in questo Vi parlerò invece di Lewis Powell, autore di un'opera nota come il Memorandum Powell, scritto nel 1971.
Ma chi era Lewis Powell e che relazione ebbe la sua opera con la Commissione? insomma, perchè è così interessante sapere chi era e cos'ha fatto 'sto tizio?
Semplice: è interessante conoscere queste cose perchè l'opera di Lewis Powell, un libriccino di undici pagine scarse, scritte con la semplicità di un liceale, rappresenta forse l'arma più formidabile con cui le destre finanziarie internazionali hanno ricacciato l'idea stessa di democrazia partecipata e di equità sociale in un piccolo angolo negletto.
Ma andiamo con ordine: siamo all'alba degli anni '70 e l'idea di sinistra, quindi non la sinistra intesa come partito politico o come espressione di regimi statalisti e autoritari, bensì l'idea progressista di diritti umani pienamente garantiti ad ogni cittadino, di libero pensiero, di piena occupazione e di pieno stato sociale, di parità di tutte le persone, appare vincente.
Dopo circa 200 anni di lotta dal basso, durante un processo iniziatosi con l'Illuminismo e portato avanti fino al '900 con la forza delle idee progressiste, le grandi élite assolutiste che per oltre tremila anni avevano segnato il passo della Storia dell'Umanità, assistono al dilagare degli ideali antagonisti, di democrazia e di eguaglianza, in tutta la società occidentale, Stati Uniti compresi.
Ma chi sono i continuatori e gli eredi di quelle élite? 
sono i grandi gruppi di potere finanziario, le grandi famiglie capitaliste, sono i businessman americani dell'era Nixon, in testa Eugene Sydnor jr., direttore della Camera di Commercio degli Stati Uniti che nell'agosto del 1971 chiede a Lewis Powell, avvocato aziendale di fama che siede nei consigli di amministrazione di 11 importanti società, di preparare un testo in cui si analizza la situazione attuale del sistema finanziario degli Usa e gli attacchi ai quali è sottoposto e si propongono delle soluzioni a tutto questo.
Così, il 23 agosto 1971 Powell presenta all'amico Eugene il Memorandum, intitolato  "Attack of American Free Enterprise System" , un'opera di estrema semplicità ed efficacia, in cui alla diagnosi segue la cura del male.
Scrive Powell: "(Noi delle destre economiche) non ci troviamo di fronte ad attacchi sporadici. Piuttosto, l'attacco al Sistema delle corporation è sistematico e condiviso." E' in corso "una guerra ideologica contro il sistema delle imprese e i valori della società occidentale." E ancora:"E' chiaro come il sole che le fondamenta stesse della nostra libertà sono sotto attacco massiccio", perchè "la minaccia al sistema delle imprese non è solo una questione di economia, ma colpisce la libertà dell'individuo." Di più,
" l'unica alternativa al (nostro) sistema sono le dittature delle burocrazie socialiste o fasciste."
Aggiunge poi l'autore: " E' arrivata l'ora per il business americano di marciare contro coloro che lo vogliono distruggere."
Ma chi è il nemico?
"Certamente la sinistra estrema, che è molto più numerosa, meglio finanziata e benaccetta di quanto non lo sia mai stata prima nella Storia. Ma le voci più preoccupanti provengono da elementi perfettamente rispettabili, come le università, i media, gli intellettuali, gli artisti e anche i politici."
Ci si deve preoccupare "dell'ostilità delle sinistre e dei riformatori sociali" ma anche degli studenti, perchè "quasi la metà degli studenti è a favore della socializzazione delle industrie americane fondamentali"; le sinistre stanno sferrando "un vasto attacco al sistema stesso, che mina la fiducia del pubblico e lo confonde."
Dopo la diagnosi, la terapia, nelle poche, semplicissime parole di quest'uomo di acuto intelletto.
Scrive ancora Powell:" pochi elementi della società americana di oggi hanno così poca influenza sul governo come il business, le corporazioni, e gli azionisti... Non è esagerato affermare che... siamo i dimenticati."
Per riportare le cose a posto, le destre dovranno "organizzarsi, pianificare nel lungo termine, essere disciplinate per un periodo illimitato, essere finanziate con uno sforzo unificato." Ecco qui la nascita delle moderne lobby del potere economico, quelle che oggi determinano tutti gli eventi di grande portata in Occidente, dall'elezione del Presidente degli Stati Uniti alle leggi sovranazionali che regolano ogni settore della vita degli Stati, che decidono sul commercio mondiale e che hanno riportato in auge il potere elitario rappresentato dal "business, le corporazioni, gli azionisti" che dall'essere "i dimenticati" sono passati allo strapotere di oggi.
Powell: " Il business deve imparare le lezioni messe in pratica dal mondo dei lavoratori, cioè che il potere politico è indispensabile, che deve essere coltivato con assiduità e usato in modo aggressivo se necessario, senza imbarazzo."
Qui è interessante notare come uno schema di pensiero tipico della sinistra venga ripreso dalla destra: questo è accaduto molto spesso nella Storia, infatti, a ben vedere, gli schemi di pensiero vincenti della destra sono quasi sempre delle semplificazioni estreme del pensiero di sinistra.
Ancora: " Chi ci rappresenta deve diventare molto più aggressivo...deve far pressione con forza su tutta la politica perchè ci sostenga e non dovremo esitare a penalizzare chi a noi si oppone."
Le lobby dovranno dedicarsi specialmente al settore giudiziario, "sfruttandolo, come hanno fatto le sinistre, i sindacati e i gruppi dei diritti civili... che ebbero successi spesso a nostre spese."
Ora, un altro punto cruciale: l'istruzione, il mondo della cultura, le università: " Vi sono apparsi oratori di sinistra ed estremisti a centinaia... ma non vi è stata alcuna parità di presenze dei sostenitori del sistema di governo americano e del business."
Quindi, bisognava attaccare con decisione le università, le lobby dovevano, per così dire, colonizzarle, facendo passare un pensiero alternativo a quello di sinistra allo scopo di creare un esercito di "docenti che credono fermamente nel sistema delle imprese".  
Dopodichè, " i nostri docenti dovranno valutare i libri di testo, soprattutto quelli di economia, scienze politiche e sociologia."
E arriviamo alla nascita del fondamentalismo del Libero Mercato, detto anche Neoliberismo, quel pensiero economico che da decenni ormai domina ogni singolo insegnamento di economia universitaria: " riguardo agli insegnamenti di economia... dobbiamo godere di un rapporto particolare con le facoltà".
Già, ormai questo sistema di sistematico impoverimento dei nostri servizi essenziali sembra essere divenuto un dogma, quasi che ogni altro modello di sviluppo economico sia impensabile.
Poi, i media: "Le televisioni dovranno essere monitorate costantemente nello stesso modo indicato per i libri di testo universitari. Questo va applicato agli approfondimenti TV, che spesso contengono le critiche più insidiose al sistema del business."
La stampa e la radio: "Ogni possibile mezzo va impiegato...per promuoverci attraverso questi media."
Le riviste popolari: "Vi dovrà essere un costante afflusso di nostri articoli".
Nelle edicole, dove "esiste un'opportunità di educare il pubblico e dove però oggi non si trovano pubblicazioni attraenti fatte da noi".
Provate a dare un'occhiata in edicola oggi...
L'avvocato prosegue: "necessitiamo di un sostegno finanziario da parte delle corporation molto superiore a quanto abbiano mai fatto finora".
Chi lavorerà per portare avanti l'enorme progetto illustrato da Powell dovrà essere "pagato allo stesso livello dei più noti businessman e professori universitari" e le competenze di costoro "dovranno essere eccezionalmente alte, nei settori chiave come la pubblicità e i media, il mondo intellettuale, l'avvocatura" e "le nostre presenze nei media, nei convegni, nell'editoria, nella pubblicità, nelle aule dei tribunali, nelle commissioni legislative dovranno essere superbamente precise e di eccezionale livello."

Ora, ritengo che sia quasi superfluo spiegare a chiunque abbia una mente aperta quanto queste poche pagine scritte in estrema sintesi abbiano potuto influenzare la Storia degli ultimi quarant'anni in Occidente, tuttavia l'opera di Powell sarà completata da altri uomini, e qui entra in gioco la Commissione Trilaterale ma, per evitare di annoiarvi con dei post troppo lunghi, di questo Vi parlerò in una prossima Seconda Parte.

  r. v. 


Che cos'ha in mente Tonino

Molti si sono lasciati impressionare, favorevolmente o sfavorevolmente a seconda delle preferenze politiche, dal colloquio che Antonio Di Pietro ha sostenuto con il premier Berlusconi nell'aula di Montecitorio il 22 giugno scorso.
Alcuni si sono anche chiesti che cosa ci può "essere sotto".
Ma non era già nell'aria il mutamento del leader di idv fin dal tempo della vittoria referendaria quando, contrariamente al suo costume di oppositore "duro e puro", al limite del manicheismo, Antonio Di Pietro ebbe a dichiarare che non avrebbe utilizzato il trionfo alle urne come una "clava per colpire il Governo"?
Si provi a dare di questi accaduti una lettura in chiave squisitamente politica, senza lasciarsi fuorviare dalla tentazione di cedere all'emotività.
Tre cose sono subito da porre in evidenza:
1) il leader dell'Italia dei Valori si è dato alla carriera politica per ambizione personale , come praticamente tutti, considerando la realtà dell'attuale sistema, e con l'intenzione di diventare, se possibile, il leader del futuro nuovo governo.
2) L'idv sta alla vera sinistra, che del resto non è rappresentata da nessun partito politico di rilievo nè in Italia nè in Europa, come l'acqua sta al fuoco.
Sia la rudimentale formazione culturale e politica dell'uomo sia l'ideologia che traspare dalle proposte e dalle scelte del partito da lui fondato appaiono fondamentalmente appartenere ad uno schema di pensiero di sinistra, sì, ma estremamente semplificato, qual'è sempre il pensiero delle destre
In questo sta molto spesso la loro forza: in quella semplicità che la sinistra storica raramente è stata in grado di produrre.
3) Molti hanno, in passato, spesso paragonato scherzosamente Di Pietro a Robespierre, ma a differenza del rivoluzionario francese, Tonino vuol passare subito dalla Rivoluzione (si fa per dire) alla Restaurazione, senza rischiare un pericoloso periodo di transizione e mai come in questo momento gran parte dell'elettorato dell'ormai pietoso pd e buona parte del disorientato "popolo azzurro" appaiono propensi a guardarsi attorno, cercando un nuovo punto di riferimento, che certo non può essere rappresentato da personaggi alla Vendola o alla Casini e, fino a ieri, dall'uomo di Montenero di Bisaccia.
Fino a ieri...ma ora: ispirerà più fiducia di prima, e con il tempo, più di altri questo signore improvvisamente moderato nei toni e negli atteggiamenti, pur conservando sempre una cert'aria di "popolo" che non spiace a molti, capace, diversamente da inetti come Bersani e compagni, di proporre delle alternative credibili e apparentemente diverse dalle decisioni dell'attuale esecutivo, anche se a ben guardare, e con il tempo, sempre più simili invece al pensiero politico delle destre, differenziandosi dal berlusconismo soprattutto nell'attuazione di piani di maggiore legalità pubblica, sostenuto nel suo cammino da gruppi di potere che l'uomo di Arcore era riuscito ad osteggiare... ma questa è un'altra storia e chi vivrà vedrà.
Insomma, è ovvio: una nuova destra si prepara a sostituire quella attuale, anche perchè, purtroppo, altra vera alternativa non c'è.

 r. v.     

Disabilità e stato sociale: quando i fatti smentiscono le parole

Ogni giorno di più, gli accadimenti in politica economica nazionale ed estera, con riferimento nella fattispecie a questa Unione Europea, ci mandano delle chiare indicazioni destinate a smontare le false affermazioni di quei politici che ci parlano di "ripresa" e di "risanamento economico", nell'intento di dipingerci un quadro irreale della vera situazione, che è invece drammatica.
Tanto per cambiare, a pagare le maggiori conseguenze del baratro a cui ci sta conducendo questa dissennata dittatura del potere finanziario in tutto l'Occidente (non solo in Italia) sono le fasce più deboli della popolazione, fra cui quella composta dai cittadini diversamente abili, come ci illustra la giornalista Silvia Truzzi nel suo intervento pubblicato in data odierna sul suo blog sul sito de Il Fatto Quotidiano e che vi riporto di seguito.
 r. v.

 Diversamente abbandonati
Va bene, non ci sono soldi. Questo l’abbiamo capito, nonostante le balle: non avevamo ancora fatto in tempo a uscire dalla crisi che già, secondo il nostro premier-imprenditore, ne eravamo usciti. Chissà perché però tutti, dalle agenzie di rating alla Corte dei conti all’Europa, continuano a mandarci messaggi d’allarme, tanto che Tremonti sta preparando una manovra da lacrime e sangue per tutti (tranne che per i soliti amici degli amici). Avevano promesso, anzi garantito, di alleggerire il carico fiscale come si promette a un bambino un giocattolo che costa troppo e “lo compriamo domani”. È chiaro che non è il momento di scialare. Però nella politica dei sacrifici, non sono le persone che fanno più fatica e hanno più bisogno a dovere pagare. Anzi soccombere.

La notizia è questa: il Forum del Terzo settore ha convocato una manifestazione giovedì davanti a Montecitorio, con duemila persone tra disabili e volontari. “Dal 2012 il Fondo per le Politiche sociali sarà cancellato”, fanno notare Fand e Fish (le due maggiori associazioni che rappresentano le persone con disabilità). Non è finita: il Fondo per la non autosufficienza, eliminato dal 2011, non verrà ripristinato; il Fondo per il diritto al lavoro delle persone disabili sarà tagliato del 75%”. Secondo l’Istat il 25% delle persone nel nostro Paese vive una situazione di emarginazione, destinata inevitabilmente a peggiorare. “Purtroppo il governo ha riservato un trattamento speciale al terzo settore effettuando tagli fino del 90% dei fondi destinati al sociale. La decisione ha ripercussioni pesanti specie nelle regioni del Centro e del Sud, come il Lazio, la Campania o la Calabria, che si trovano già a dover attuare un piano di rientro della spesa sanitaria”, ha detto Aldo Forte, assessore alle Politiche sociali e alla Famiglia del Lazio. “Se il governo vuole dimostrare davvero un’inversione di tendenza almeno dia alle Regioni i fondi accantonati da Tremonti dopo la Finanziaria. Si tratta di oltre 50 milioni di euro, soldi destinati alla spesa sociale, accantonati dopo e in aggiunta ai tagli della legge di stabilità. Ripartiamo da lì”.

Tutto questo accade mentre l’Organizzazione mondiale della Sanità, presentando il rapporto sulla disabilità, lancia un appello ai governi delle nazioni perché vengano rimosse tutte le barriere, fisiche e non, che ostacolano la partecipazione delle persone con handicap alla vita collettiva. Un appello a rilanciare verso l’alto, verso l’inclusione sociale, non a precipitare verso la ghettizzazione, la segregazione fisica ed emotiva. Verrà raccolto? Impossible pensare di no. Si blatera tanto di democrazia (la esportiamo addirittura), diritti, civiltà… Se non sono i più deboli a essere aiutati,come si fa a parlare di progresso? La risposta è ovvia. Basta non ricordarsi che viviamo nel Paese dove se una deputata costretta in carrozzina chiede al suo assistente di applaudire per lei a un intervento in aula, viene zittita da un collega della Lega Nord al grido di “fate tacere quell’handicappata di merda”.


venerdì 24 giugno 2011

IL GRIDO DI RABBIA DEL DISOCCUPATO OVER 50

Salve a tutti! 
Sono Adriano Plozzer, ormai di casa sul blog.
Purtroppo sono ormai 2 anni, 2 interminabili anni che convivo con il dramma della disoccupazione: voglio esprimere alcune considerazioni sul convegno organizzato dalla Regione e dalle Caritas diocesane qui a Udine, riguardante la povertà e il disagio sociale nella nostra regione, e su altre questioni. 
Ho letto sia sul Messaggero Veneto sia su Il Quotidiano del Friuli Venezia Giulia la cronaca di questo convegno e come al solito ci sono le note stonate: solo una quantità di freddi numeri, percentuali, statistiche, ma di proposte concrete nemmeno l' ombra!
Solo frasi di circostanza, il nulla insomma, ma ciò che mi ha fatto incazzare di brutto è stato l' intervento del presidente della Regione Renzo Tondo, il quale ha testualmente affermato che "Il cambiamento è epocale, nulla tornerà come prima, quindi è meglio non creare falsi miti, come il fatto che la precarietà è necessariamente qualcosa di negativo." 
Ma, dico io, ci si rende conto di simili affermazioni, che suonano palesemente provocatorie, prive del benchè minimo tatto, nei confronti di chi come me si deve confrontare ogni giorno con questa realtà tremenda?   Facile parlare così per chi ha la pancia piena, stipendi da favola e privilegi a non finire, così com' è altrettanto scandaloso che al giorno d'oggi tante persone, fino a ieri lavoratori, non possano usufruire di nessun ammortizzatore sociale, indennità di disoccupazione o di altri aiuti: tutto ciò conferma quanto la politica sia sorda e cieca alle necessità e aspettative della gente, indifferente al grido di dolore e di rabbia che si alza sempre piu forte.
Manca la volontà di dare delle risposte, con progetti mirati, soprattutto per gli over 50, che rischiano seriamente di non rientrare piu nel contesto lavorativo. 
La Regione, il Comune, la Provincia enfatizzano e danno risalto a mo' di vanto a programmi e progetti atti a favorire, anche se a tempo determinato, il reinserimento lavorativo: ebbene, fino ad ora nemmeno uno che potesse riguardare il sottoscritto.
Sono sempre stato escluso dai lavori socialmente utili, da quelli di pubblica utilità e, buon ultimo, dal Welfar to Work.
Speravo di poterne beneficiare, invece no perchè i soggetti destinatari sono le donne disoccupate over45 indipendentemente dal settore di provenienza e i lavoratori disoccupati licenziati solo da imprese (mentre io lavoravo presso una cooperativa di servizi), gli ex spedizionieri doganali da autotrasporti o in conto terzi... ma che stronzate sono queste!?
Ancora una volta si tutelano certe categorie e si aumenta di fatto il divario tra lavoratori di serie A e di serie B.
In due parole, uno schifo.

 Adriano Plozzer
 Cittadino di Udine che non vuole essere dimenticato dallo Stato Italiano
  ( sarebbe troppo comodo )

Lettera aperta al signor Manlio Tummolo

Riferimento al post  Sangue di contadini analfabeti e nomi di piazzali  di mercoledì 4 maggio 2011

Manlio Tummolo ha detto...

Rispondo alla risposta del signor Valusso: se egli discende da un sergente maggiore, io discendo per parte materna da un tenente colonnello, Carmelo Spagnolo nato a Sava (Taranto), ufficiale di carriera, morto a Fullen, nel campo-ospedale tedesco. Fu tra i 600.000 che rifiutarono l'adesione alla RSI. Premesso ciò, tanto per individuarmi, ribadisco che Cadorna non fu altro che un generale italiano, di valore non elevatissimo, ma certo non inferiore a quello dei suoi colleghi di tutto il mondo, con eccezione forse di alcuni condottieri tedeschi (parlo, s'intende, di capacità strategiche). Questo continuo non voler inquadrare un personaggio nei suoi tempi, nella mentalità e nella situazione oggettiva (che, vedi caso, si ripetè poi per gli avversari sul Piave, sul Montello e sul Grappa, malgrado la diversa ottica strategica) è sintomo solo di fanatismo anti-italiano e la ripetizione ormai stanca e monotona di vecchie tesi neutraliste e clerico-marxiste. Al nome di Cadorna vanno mantenute vie e piazze, piaccia o non piaccia a costoro. La guerra non è mai piacevole e ne facciamo volentieri a meno, ma una volta che c'è, si deve combatterla a testa alta, con coraggio, tenacia e quel tanto di astuzia che non guasta.

Controbatte Renato Valusso:

della guerra, signor Tummolo, avrebbero senz'altro fatto volentieri a meno i milioni di poveracci arruolati praticamente a forza e raccontando loro delle falsità negli eserciti dell'epoca, milioni di giovani che certo non sognavano gli onori e la gloria conseguenza di massacri che, allora come oggi, si sarebbero potuti evitare.
Va ricordato anche che quando nel 1924 Benito Mussolini nominò Luigi Cadorna Maresciallo d'Italia lo fece senza tenere conto del parere contrario dei reduci.
Tanto, quelli erano soltanto carne da cannone...
Ritengo come minimo insultante che Lei, senza neppure conoscermi, si permetta di tacciarmi di "fanatismo anti-italiano" nel mentre sembra voler prendere le difese di coloro che gli Italiani li facevano decimare e morire in battaglia come mosche.
Allo stesso modo, della "ripetizione ormai stanca e monotona di vecchie tesi neutraliste e clerico-marxiste", mi creda, non me ne può fregar di meno: mi sono limitato ad esprimere un'opinione personale, per fortuna condivisa da molti altri, tant'è vero che, per inciso, il nome del piazzale di Udine è stato cambiato.
Quanto all'ultima Sua affermazione: "La guerra non è mai piacevole e ne facciamo volentieri a meno, ma una volta che c'è, si deve combatterla a testa alta, con coraggio, tenacia e quel tanto di astuzia che non guasta", beh, se il sergente maggiore Guerrino Valusso è riuscito a portare fuori le penne e a compiere anche degli atti di "valore", possiamo stare certi che le qualità summenzionate le ha dimostrate tutte, anche se, purtroppo, a discapito probabilmente di altri esseri umani.
Mi consenta una battuta: non sia tentato dallo sfidarmi a duello perchè, come Lei ben sa, non può farlo.
Appartengo ad un ceto sociale inferiore...

Cordialmente
                              Renato Valusso

giovedì 23 giugno 2011

Avaaz: salviamo l'Amazzonia

Il mondo a Dilma: salviamo l'Amazzonia

Alla Presidente Dilma Rousseff:

Le chiediamo di agire immediatamente per salvare le preziose foreste del Brasile: solo il suo veto può invertire i cambiamenti alla legge che oggi protegge l'Amazzonia. Le chiediamo inoltre di prevenire futuri assassinii di ambientalisti e di lavoratori, attraverso il rafforzamento della sicurezza contro i latifondisti che disboscano illegalmente la foresta e di aumentare la protezione delle persone che rischiano di essere uccise. Il mondo ha bisogno del Brasile come leader internazionale in difesa dell'ambiente, e la sua azione ora proteggerà il pianeta per le future generazioni.
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500,000
304,562
304,562 hanno firmato la petizione. Aiutaci a raggiungere 500,000
Pubblicato il: 16 Giugno 2011L'Amazzonia è in serio pericolo: una delle due camere del Congresso del Brasile ha deciso di cestinare le leggi che oggi proteggono la foresta. Se non agiremo immediatamente la gran parte del polmone verde del nostro pianeta potrebbe essere distrutta.

La decisione ha scatenato un' indignazione diffusa e manifestazioni in tutto il paese. E la tensione sta crescendo: nelle ultime settimane molti ambientalisti sono stati uccisi, probabilmente da criminali commissionati dai latifondisti che disboscano illegalmente le foreste. Il tempo stringe, e ora stanno cercando di mettere a tacere ogni opposizione proprio mentre la legge è in discussione al Senato. Ma la Presidente Dilma può mettere il proprio veto, se solo riusciremo a convincerla che deve respingere le pressioni politiche nel paese e mostrarsi invece una leader a livello mondiale.

Il 79% dei brasiliani è in favore del veto di Dilma contro la modifica delle leggi che proteggono le foreste, ma le loro voci si scontrano con quelle della lobby dei latifondisti. Ora sta a noi alzare la posta e fare della protezione dell'Amazzonia una battaglia globale. Uniamoci in un appello enorme per fermare gli omicidi e la deforestazione illegale, e soprattutto per salvare l'Amazzonia. Firma la petizione a destra - sarà consegnata a Dilma non appena riceveremo 500.000 firme.

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