domenica 7 agosto 2011

LA PRECARIETA' DISTRUGGE LA VITA

Cari Amici di Quiudinelibera, per tutto l'Occidente sta per aprirsi una nuova fase storica, che sarà caratterizzata da un notevole impoverimento diffuso ma che peserà naturalmente di più sulla fascia sociale medio-bassa.
Fermo restando che le ragioni di questo regresso sono molteplici resta il fatto che non è accettabile che a pagare il prezzo più alto siano sempre e solo i popoli: il conto degli errori e delle connivenze criminali dei governi con gli emissari del grande potere finanziario, che già ho descritto in precedenti interventi sul blog e che illustrerò ancora in futuro, non dovrebbe venire presentato sempre e solo a noi, come invece sta succedendo.
Mi sembra venuto il momento, in previsione della lotta che il nostro gruppo si appresta ad iniziare, di spiegare i motivi che mi hanno spinto ad interessarmi della questione sociale, dal coinvolgere altre persone e gruppi fino a volere un blog che permettesse uno scambio di opinioni equo e senza censura per tutti.
Comincio dall'inizio, dall' anno 2006.
All'epoca avevo 42 anni, un lavoro co.co.pro dopo diversi anni in varie fabbriche, due genitori anziani e ammalati, un "bagaglio culturale" composto da tre anni di scuola media superiore, qualche decina di libri e gli editoriali del Messaggero Veneto. Il pc non sapevo neppure accenderlo, ignoravo cosa fosse Internet.
Per completarVi il quadro, alle ultime elezioni del periodo di cui Vi parlo avevo votato per Berlusconi, perché pensavo confusamente che il futuro del lavoro fosse il Libero Mercato.
Vi assicuro che quanto state leggendo non è fantascienza, ma è realtà quotidiana per milioni di cittadini, causa la scarsa cultura da un lato e l'informazione massmediatica coartata dall'altro.
Vengo ai fatti: malgrado il contratto co.co.pro mi sembrasse una fregatura (fin qui ci arrivavo,va'!) ero fiducioso nella "ripresina" di cui parlavano i dotti economisti delle reti Mediaset ( le uniche che guardavo) e mi preparavo a tempi migliori, con ottimismo...berlusconiano. 
Poi, le condizioni di salute di entrambi i genitori si aggravano: mi licenzio dal lavoro per assisterli, di lì a pochi mesi perdo la madre, subito dopo anche il padre. Mi ritrovo solo e disoccupato e mi metto a cercare lavoro: è l'agosto del 2006 quando vengo assunto da una cooperativa di pulizie. Rimango sconcertato dal mondo che mi si schiude: altro che co.co.pro, qui è anche peggio. Ore straordinarie non retribuite, un salario da fame, quasi nessun diritto e un gruppo di persone con la costante spada di Damocle del possibile licenziamento in tronco, anche dopo anni di lavoro: per andarsene basta una telefonata di un dirigente dell'impresa-cliente. Ti mettono in aspettativa e sei fregato. E la gente, molto peggio che in fabbrica, là almeno c'era il senso di appartenenza a un gruppo, anche se sempre di meno con il passare degli anni: qui è ognuno per conto proprio, l'idea, anche solo l'idea, di una qualche più che legittima rivendicazione sindacale è tabù.
Lentamente comincio a capire, il castello di false sicurezze e di bugie che mi hanno costruito davanti agli occhi va in disfacimento per sempre.
Dopo pochi mesi, le ore di lavoro calano drasticamente, l'appalto è dimezzato: qualcuno se ne deve andare e quei qualcuno sono gli ultimi assunti in ordine di tempo.Veniamo posti in aspettativa. Nel caso specifico, significa essere disoccupati. Non ho diritto ad alcuna indennità di disoccupazione e, dal momento che nel corso dei mesi passati alla cooperativa, non ho mai smesso di cercare un'altra opportunità so anche...che altre opportunità quasi non ce ne sono. 
Sì, perché nel nuovo mondo che ho conosciuto non ti dicono:"Salve, aspettavamo proprio Te!" ma: "Eh, sa, c'è poco lavoro...Non assumiamo personale dopo i quarant'anni...Ti richiamiamo noi...Mi dispiace, qui ci vogliono il diploma di perito elettrotecnico, la patente C e la conoscenza della lingua croata..."

Disperato, tiro a campare con dei lavori saltuari, una condizione che all'epoca nei paesi del Friuli e fino a prima dell'ulteriore mazzata economica del 2008, che farà cambiare opinione a molti, è considerata dai più con sufficienza e malcelato disprezzo, cosa che non mi aiuta granché sotto il profilo psicologico.Tra un lavoro e l'altro, mi reco in Comune per chiedere se esiste una qualche possibilità di lavoro socialmente utile e mi ridono quasi in faccia.
Ormai è chiaro: tutto quello che il nostro poveraccio aveva visto e sentito in televisione e leggiucchiato sul quotidiano regionale erano solo bugie.

Il nostro uomo ora conosceva del tutto l'Italia della Realtà. 

Ecco, così è accaduto, Amici: Renato, operaio 43enne con lavori saltuari e di quasi nessuna cultura, messo alle strette da una realtà economica e sociale che sputava in faccia alle fanfaluche dei giornali e della televisione, si è svegliato dal lungo sonno mentale e ha cominciato a volere non solo ciò che voleva anche prima, cioè un lavoro che gli permettesse di sopravvivere, ma anche a voler CAPIRE.

Ossia, capire perché il lavoro, presentato come un diritto, fosse diventato quasi un privilegio consentito dagli dei, capire perché in una società dove si buttano miliardi ogni giorno per ogni sorta di schifezze non viene impiegato neppure un centesimo per aiutare delle povere persone che sfiorano la fame e chi e che cosa ci fosse dietro a tutto questo.

Così, ho cominciato: non solo a lavorare come bracciante agricolo, facchino al teatro, addetto al volantinaggio, venditore di prodotti per le pulizie, spalatore di neve e chi più ne ha più ne metta ma ho ripreso in mano i libri, dopo tanti anni, e ho cominciato a leggere e a voler capire quella seconda o terza pagina del quotidiano, quella dell'economia, che prima saltavo sempre perché "tanto non ci capisco".
Poi, nel giugno del 2009, a forza di presentare candidature proprio nei posti dove sapevo che stava per andare in pensione qualcuno (la disoccupazione di lungo corso le insegna tutte) finalmente il Terno al Lotto: un posto di lavoro stabile. Chiedo, senza crederci:"Contratto a tempo indeterminato?"

"Sì, a tempo indeterminato."

Mi sono sentito come Rodrigo de Triana quando dalla coffa della Pinta ha avvistato le Americhe.
In seguito, ho proseguito nella mia ricerca: all'inizio non mi ricordavo neanche più, a distanza di anni dalle scuole, il significato di termini come "iperinflazione" e "PIL" e dell'uso del pc non conoscevo nulla ma ho voluto imparare, ho letto centinaia di libri e migliaia di articoli, e fra le altre ho scritto anche la lettera ai giornali che Vi riporto in basso e che considero il vessillo della mia personale guerra alla disoccupazione e al lavoro precario.
  
L'autore della presente è un cittadino italiano di mezz'età (quarantacinque anni) la cui vicenda potrebbe essere anche quella di molti altri, coetanei o meno. Dopo aver perso un lavoro fisso più di due anni addietro, peraltro ottenuto anch'esso dopo un peregrinare da un'occupazione precaria ad un'altra durato per molto tempo, ho dovuto lottare disperatamente per poter arrivare, in questi ultimi mesi, a cogliere una nuova opportunità di lavoro, finalmente stabile. Lo dico chiaramente: è stato un inferno. Il lavoro precario esclude di fatto qualsiasi progettualità a medio e lungo termine ed ingenera nella persona uno stato di insicurezza di fondo angosciante. Ho vissuto per anni con l'angoscia di non sapere che cosa mi avrebbe riservato il giorno dopo, ho vissuto con la sola certezza che qualunque progetto avessi potuto elaborare per il mio futuro avrei dovuto sempre ritenere che i soldi delle mie entrate lavorative avrebbero potuto esserci, non esserci più o diminuire da un mese all'altro.
Soltanto la tenace fiducia nel domani e la mia costituzione caratteriale mi hanno salvato da possibili, pericolosi "scivoloni" verso l'illegalità o da cadute nel baratro della depressione.
Purtroppo, c'è tanta, troppa gente che si vede costretta a tirare a campare con lavori precari, che, a volte con ipocrisia, qualcuno accomuna o confonde con la cosiddetta "flessibilità", che è un'altra cosa. Vero è anche che in certe zone d'Italia, fra cui il Friuli, molti giovani hanno la fortuna di appartenere a nuclei familiari in sostanza piuttosto benestanti per cui le problematiche legate al lavoro precario, continuato anche per diversi anni, non vengono sempre avvertite in tutta la loro drammaticità.
Sarà auspicabile quindi, ma anche doveroso per tutti, che lo Stato e i cittadini percorrano assieme tutte le strade possibili per evitare a chi viene dopo di noi, a coloro che adesso hanno vent'anni, un destino lavorativo pesante come quello che ha caratterizzato l'esistenza di tante persone della mia generazione, attraverso una lotta senza quartiere al precariato cronico e la ricerca di ogni soluzione possibile alla mancanza e/o alla scarsità di lavoro, abbattendo una volta per sempre le mezze misure e le soluzioni di compromesso( esplicate per esempio da:è per il momento, mi aiuta la famiglia,ecc.) tanto più deleterie quanto più sono accettate come risposte valide.
Ricordiamoci inoltre che l'intera organizzazione sociale esistente è strutturata per chi ha una fonte di reddito fissa, anche adesso che i lavoratori precari sono moltissimi.
Si tratta anche di mandare a quel paese chi se ne esce dicendo che "non ci sono ricette per i casi singoli" perché i "singoli casi", ormai da anni a questa parte, sono milioni sul territorio nazionale.
O si va verso una seria presa di coscienza di questo tremendo problema, con l'obiettivo preciso di trovare degli antidoti validi ad esso, sia da parte delle istituzioni che da parte di noi semplici cittadini, oppure avranno tutte le ragioni le generazioni future di guardare con disprezzo a coloro che, in passato, avrebbero dovuto tentare qualcosa di più e invece hanno preferito dormire.
                                                       
                                     ******

Ecco, ora ho spiegato da dove viene la determinazione con cui, assieme ad altri, ho voluto dare vita a un organo di informazione indipendente e con cui mi accingo a portare in piazza le rivendicazioni dei Cittadini, con particolare riferimento ai Diritti del Lavoro.
In sintesi: o saremo noi il principio attivo del cambiamento o per noi non ci sarà alcun cambiamento e per cambiare è necessario prima capire dove siamo e cosa possiamo fare, altrimenti è tutto inutile.
A presto

Renato Valusso

V. anche: qui e qui .
Per contatti: perilfuturo@libero.it 

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