mercoledì 31 agosto 2011

UN SALUTO AL DIRETTORE DEL CARCERE

Oggi il dottor Francesco Macrì, direttore del carcere di Via Spalato a Udine, ha lasciato il suo incarico per raggiunti limiti di età, dopo 29 anni di servizio.
L'altro ieri il dottor Macrì è stato ricevuto dal sindaco Furio Honsell e da alcuni assessori e dirigenti di palazzo d'Aronco per un saluto ufficiale di commiato e per esprimergli un ringraziamento per il suo operato, a nome di tutta la cittadinanza.
Non posso fare a meno di chiedermi perché tra i presenti non ci fosse neanche un rappresentante dei detenuti o, perlomeno, degli ex detenuti, a confermare a sua volta la buona riuscita del lavoro di reinserimento umano e sociale attuato dall'istituzione carceraria e in particolare dal direttore Francesco Macrì.
Perché no? Dopotutto, per chi ha operato o (se preferite) su chi ha vigilato per 29 anni il dottor Macrì? Con chi ha avuto a che fare, con dei fantasmi?
Sono stato ospite della struttura circondariale di Via Spalato per tre stagioni abbondanti, qualche anno fa, portato là dagli esiti nefasti di una gioventù trascurata, e in tutto quel tempo la faccia del direttore non l'ho vista mai: di lui fra noi carcerati non si parlava nemmeno, come se non esistesse.
Magari parlavamo del brigadiere, del "capoguardia", dei magistrati, di qualche operatore ma di lui mai, alla lettera.
Per noi, lui era soltanto una firma su un pezzo di carta.
In un certo senso, un "invisibile": l'ho visto per la prima volta nella foto del giornale di ieri.
Comunque, malgrado le molte carenze del sistema carcerario e il sovraffollamento dell'"albergo", mi resta il ricordo di un istituto di pena gestito con metodi umanitari  e se di critica vogliamo parlare, è una critica la mia rivolta più a un sistema nel suo assieme piuttosto che alla realtà carceraria di Udine nel suo specifico.
Sono portato a credere che la struttura di via Spalato sia stata amministrata piuttosto bene dal dottor Francesco, stando a quello che si poteva desumere dai risultati, malgrado il vitto, almeno a quei tempi, spesso quasi incommestibile e non molto abbondante, la pressoché totale mancanza di qualsiasi serio supporto psicologico, con particolare riferimento a casi di detenuti giovani o psicolabili, spesso improvvidamente posti a contatto con arfasatti ben più adulti e delinquenti e l'ozio forzato a cui eravamo costretti ventiquattro ore al giorno.
Tuttavia, credo che quello relativo al carcere sia un aspetto che non può astrarsi dalla realtà complessiva di un sistema sociale e quindi anche in tutto ciò che riguarda l'apparato punitivo abbiamo uno specchio della società che lo controlla.
Personalmente, là dentro di "riabilitativo" e di "rieducativo" non ho visto un cazzo.
Se una persona cambia, nove volte su dieci il ruolo del carcere in questo è irrilevante, punto e basta.
Comunque, tornando a Lei, caro Direttore Senza Volto: un Cordiale Saluto e si goda pure la meritata pensione.
Dopotutto, anche se non è stato un Cesare Beccaria, si è sciroppato quasi trent'anni di semilibertà al contrario.

 ex detenuto Renato Valusso
 Stanza 11- 2° comune
       

Nessun commento:

Posta un commento