giovedì 5 maggio 2011

Inefficienze del sistema e responsabilità del cittadino

Cari Amici, eccomi di nuovo a parlare con Voi della situazione del lavoro: come ho sottolineato già molte volte, i problemi della disoccupazione e della precarietà dilagano anche da noi in Friuli, sempre di più e già da parecchio tempo e a riprova di questo pubblico qui una mia lettera al Messaggero Veneto del marzo 2009, quando, trovandomi ad essere disoccupato già da molti mesi, dovetti fare i conti con una realtà durissima e nel contempo fui costretto a rendermi conto che a fronte di così gravi problemi il cittadino viene dimenticato dalle istituzioni, istituzioni che peraltro dimostrano di funzionare con efficienza soprattutto quando c'è da chiedere, molto meno quando si tratta di rispondere.
In concreto, il servizio pubblico con cui ebbi più a che fare in quell'infausto periodo fu, come appare ovvio, il Centro per l'Impiego di Udine, del quale non potei che constatare l'inutilità: le informazioni utili per trovare lavoro non le ebbi mai dall'ufficio e anche alla richiesta di ragguagli inerenti a eventuali diritti, ad es. l'esenzione dal ticket sanitario, o a delle leggi che comportassero qualche agevolazione mi sorprese l'impreparazione degli operatori. Sarebbe normale attendersi, mi pare, che tutte le informazioni riguardanti la condizione di disoccupato si possano reperire al centro per l'impiego, mentre invece mi vidi costretto a vagare da un ufficio all'altro, dalla Regione alla Provincia all'Azienda ospedaliera e via avanti, per "scoprire" di volta in volta questo o quel provvedimento previsto per i disoccupati. Anche se in realtà le agevolazioni più interessanti per l'azienda nel caso di assunzione non erano certo quelle previste per chi, come me, era semplicemente disoccupato bensì per i disoccupati in mobilità e ancora di più se aventi diritto all'indennità: giustamente, mi sono sentito dimenticato due volte.
Il mio ultimo rapporto di lavoro era stato con una cooperativa di servizi che non era tenuta a versare contributi per l'indennità di disoccupazione e così non percepivo alcunchè e mi sarebbe sembrato più equo se in casi come il mio ci fosse stata una qualche agevolazione per trovare lavoro e invece era il contrario.
Dalle mail che ricevo e dai contatti che ho con diverse persone debbo purtroppo constatare che, a distanza di due anni, nulla è mutato se non il numero delle persone disoccupate, sottoccupate e in difficoltà che è andato aumentando.
Per questo, assieme agli altri di quiudinelibera, ho provveduto a preparare un prospetto contenente dei suggerimenti da presentare ai decisori pubblici riguardante delle modifiche necessarie da introdurre in materia di lavoro e disoccupazione e colgo una volta di più l'occasione per rivolgere un appello a chiunque leggendo queste righe si senta coinvolto o semplicemente interessato all'argomento, invitandolo a mettersi in contatto con noi scrivendo all'e-mail perilfuturo@libero.it  allo scopo di conoscerci, di confrontarci, di scambiarci delle idee e di creare un gruppo quanto più numeroso possibile di persone attivamente interessate alla tutela dei propri diritti.
Riporto di seguito la lettera scritta all'epoca e, più in basso, la replica a firma dell'avvocato Francesco Pecile, direttore dell'Area politiche sociali, lavoro e collocamento della Provincia di Udine.     

24 marzo 2009
Al Centro per l’impiego come un turista in un museo
Mi reco al Centro per l’Impiego di Udine per aggiornare i dati inerenti alla mia posizione lavorativa: è un sacco di tempo che non ho un lavoro stabile. In attesa prima di me ci sono due giovani, un ragazzo e una ragazza, e una signora nordafricana che ha sul volto i segni di una vita non facile. Una delle impiegate del collocamento mi riconosce e mi sorride con l’aria di dire “di nuovo qua, eh?”. Sta facendo delle fotocopie e nel frattempo chiacchiera un po’ con la signora di colore, che sembra conoscere bene. Le chiede se i suoi “numerosi figli” hanno trovato lavoro e la signora risponde di sì.
«Eh – fa l’impiegata – la gente che come voi stranieri ha davvero bisogno è svelta e pronta ad accettare anche i lavori più umili, non come tanti italiani…» e mi lancia un’occhiata come a voler far capire che l’ultima parte della frase riguarda anche me. Quanto a lei, per fare venti fotocopie ci mette (ho voluto contarli) non meno di dieci minuti.
Arriva il mio turno. Quando entro nell’ufficio, vengo ricevuto da un signore che sta spalancando la finestra lamentandosi del cattivo odore che emana da molti utenti, in particolare stranieri, e che, sedutosi alla scrivania, riscontra delle difficoltà nel funzionamento del computer.
Non c’è stata una volta, dico una, quando sono stato al Centro per l’Impiego, che non si siano verificati dei problemi con il computer.
Finalmente, l’infernale macchina si sblocca.
Il funzionario inserisce rapidamente i dati: gli spiego la mia situazione lavorativa, facendo riferimento anche al fatto che, presentatomi per dei lavori attinenti alle qualifiche che possiedo, in varie occasioni ho visto assumere del personale con competenze professionali diverse o inferiori alle mie e che in tutto questo tempo il Centro per l'impiego non mi ha saputo fornire delle indicazioni utili. Il mio interlocutore che, a giudicare dalle apparenze, si direbbe un pubblico impiegato modello, mi risponde che forse non mi so “vendere” bene.
Vendere? Credevo di essere una persona, non un capo di bestiame: si vede che mi sbagliavo. Va bene, fine colloquio. Quando esco, l’impiegata è di nuovo lì, a trafficare con la fotocopiatrice.
Saluto e me ne vado, con l’impressione di essere stato non già un utente del Centro per l’Impiego (di chi? forse il nome è riferito all’impiego di quelli che ci lavorano) quanto piuttosto un turista in visita ad un museo.
  Renato Valusso

30 marzo 2009 

La replica Ritengo doveroso intervenire in merito alla questione sollevata dalla lettera pubblicata sul quotidiano di martedì 24 marzo dal signor Renato Valusso relativamente all’operatività del Centro per l’impiego di Udine. In un periodo di crisi occupazionale ed economica come quello che stiamo vivendo i Centri per l’impiego diventano veri e propri termometri delle ansie, delle preoccupazioni, delle frustrazioni e delle speranze legate all’occupazione lavorativa di moltissima gente. Numerosi, infatti, sono i cittadini che in queste settimane frequentano questi uffici per trovare una risposta alle loro aspettative legate al problema del lavoro. Contrariamente a ciò che si pensa, di questi tempi non sono soltanto i disoccupati o i precari ad affollare quotidianamente gli uffici: vi sono anche persone che, per la critica situazione familiare o le condizioni delle aziende in cui sono impiegati, sono alla ricerca di opportunità di lavoro alternative. A tutte queste categorie di soggetti, diverse tra loro per la propria situazione personale, i Centri per l’impiego devono fornire una risposta, una risposta che si vorrebbe (da parte di tutti, in particolare degli stessi operatori) sempre soddisfacente per l’utente e che, nella pratica, si dovrebbe tradurre in un’occupazione lavorativa all’altezza delle aspettative, al riparo da incertezze congiunturali, in grado di dare sicurezza piena alla persona e alla sua famiglia. Gli operatori dei Centri per l’impiego si trovano però di fronte a questa difficile situazione congiunturale che stiamo vivendo con poche armi per affrontare e risolvere i problemi di chi cerca lavoro e ciò è fonte di frustrazione non solo per gli utenti che non trovano le risposte che cercano, ma anche per gli stessi operatori che, in troppe occasioni, sono privi di risposte da dare, e non per loro colpa. Il problema, come rileva il signor Valusso, non è soltanto tecnico-informatico: il nuovo applicativo web che ha messo in rete tutti i Centri per l’impiego della nostra regione, permettendo un costante contatto fra tutti gli uffici, ha avuto un lento rodaggio che negli scorsi mesi ha messo a dura prova la pazienza degli utenti e degli operatori, ma che ora, salvo qualche momentaneo sovraccarico delle linee informatiche, è entrato a regime. Va però detto che gli operatori, da coloro che quotidianamente affrontano il front-office con gli utenti fino a quelli che si occupano solo delle fotocopie, stanno facendo fronte con professionalità al forte afflusso di pubblico di queste settimane, cercando di incrociare le aspettative dell’utenza con le scarse offerte di lavoro che hanno a disposizione e inserendo un pizzico di umanità nel loro lavoro. Non sempre le loro intenzioni raggiungono il segno, anche se numerose sono le testimonianze di apprezzamento per il loro operato. Ma in questa situazione di crisi anche gli utenti alla ricerca di un’occupazione non possono non modificare alcuni stereotipi. Fino a due anni fa le aziende si contendevano i lavoratori, tant’è che venivano regolarmente assunti quasi tutti gli avviati dai Centri per l’impiego e vi era anche necessità di importare manodopera proveniente da Paesi stranieri in quanto molti lavoratori locali ritenevano non consone per loro certe occupazioni lavorative. Oggi non è più così: la crisi ha indotto anche alcuni italiani ad accettare lavori che fino a qualche mese fa erano prerogativa quasi solo degli extracomunitari; le aziende che ancora assumono non si accontentano più solamente di ciò che sta scritto sul curriculum di coloro che sono loro inviati dal Centro per l’impiego: molte volte è il modo di porsi della persona alla ricerca di lavoro che convince l’azienda ad assumerla e questo è uno dei piccoli segreti che gli operatori dei Centri per l’impiego cercano di suggerire agli utenti. Ecco cosa significa “sapersi vendere” in quello che si definisce il “mercato del lavoro”. Soprattutto in questo periodo chi è alla ricerca di lavoro e affronta un colloquio deve necessariamente mettere in giusta luce le proprie qualità e capacità rapportandole al tipo di occupazione che viene offerta dall’impresa. Gran parte dell’utenza dei Centri per l’impiego troppo spesso sottovaluta tutto ciò quando affronta un colloquio di lavoro in un’azienda ed è compito degli operatori spiegarglielo.

Avvocato Francesco Pecile
direttore dell’Area politiche sociali,
lavoro e collocamento
della Provincia di Udine

Già, la "difficile situazione congiunturale" che però a distanza di due anni evidentemente continua a congiunturarsi, la "gran parte dell'utenza dei Centri per l'impiego che troppo spesso sottovaluta il saper mettere in giusta luce le proprie qualità e capacità rapportandole al tipo di occupazione che viene offerta dall'impresa"... ma vogliamo smetterla con queste scuse? la verità è che il sistema di collocamento in Italia, oggi come nel 2009, è del tutto inadeguato e sta a noi cittadini, se davvero vogliamo essere protagonisti della nostra vita, attivarci per proporre dei cambiamenti, in questa così come in tante altre realtà della vita sociale ed economica del Paese.
 R. V. 

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