Fare una telefonata è da mafiosi
Vorrei che fosse chiara una cosa. Alcuni, tra i commenti postati su questo blog, sul Fatto Quotidiano e su Facebook, in buona fede mi incoraggiano sostenendo che avere il blog aiuterà a risolvere prima e meglio "il mio caso". Questo è esattamente l'opposto del proposito con il quale sto raccontando quello che accade ad un paziente qualunque, in un ospedale qualunque di una qualunque grande città.
Se avessi voluto "risolvere il mio caso", avrei fatto una telefonata. Perché è così che le cose funzionano in Italia: fai una telefonata alla persona giusta (e qualche numero in rubrica me lo sono fatto) e tempo 24 ore hai tutte le attenzioni del mondo. Invece io ho scritto una lettera aperta.Perchè si sa: così fan tutti! Abituato a non avere diritti, ad essere sopraffatto dalla legge del più forte, a soccombere, a farsi da parte al cospetto di cittadini più uguali degli altri, l'italiano cerca disperatamente agganci, maniglie, escamotage, qualunque sotterfugio possa consentirgli di uscire vivo da un sistema improntato al clientelismo, ai favori personali, al potere gestito per elargire prebende e non per garantire diritti. Poi, una volta ottenuto al prezzo del servilismo più umiliante e indecoroso il suo "risultato personale", anziché vergognarsene passa addirittura al bar a vantarsene con gli amici. Racconta delle sue conoscenze e di come abbia, grazie a loro, "risolto il suo problema", esattamente come fanno i pescatori che si vantano di avere tirato in secca il pesce più grosso.
Ecco come siamo: deboli, vigliacchi, spaventati al punto da apparire come Benigni e Troisi che scrivono la lettera a Savonarola, "sempre con la faccia sotto ai tuoi piedi", pronti a rinnegare pubblicamente i nostri stessi diritti per poi cercare di riacquisirli pagandoli due volte, una con le tasse e una con la mercificazione della nostra dignità.
Scrivendo sul blog, io al contrario ho scelto di essere cittadino qualunque; di quelli che per quanto si sforzino proprio non riescono a tirare fuori un solo nome interessante che sia uno dall'agenda telefonica; di quelli che se gli va di culo trovano di fronte a sé una persona per bene, o uno stronzo che però quel giorno lì, magari perché ha appena avuto una buona notizia, si sente buono e perfino generoso al punto da far loro passare come un favore quello che in realtà fa parte delle normali spettanze; di quelli che in uno stato di diritto chiedono il rispetto dei loro diritti solo quando ogni altro sotterfugio si rivela fallimentare.Ogni approccio difforme è un approccio mafioso. Quindi resto qui, non tanto in attesa di una risonanza magnetica pur necessaria dopo 10 giorni di ricovero d'urgenza (*) ma più che altro di ottenere la "giusta considerazione" da parte del sistema ospedaliero. Voglio vedere se un paziente che non ha nessuno, che affronta la sua degenza in solitudine, che non può permettersi di sguinzagliare parenti furibondi al perenne inseguimento di infermieri sfuggenti, di medici indaffarati e di primari frettolosi su e giù per i corridoi dei reparti e per le scale di raccordo - perché un ufficio non ce l'hanno o perché lo tengono riservato - possono avere l'onore di sperimentare un sano rapporto "medico-paziente" per almeno cinque minuti della loro permanenza. Voglio vedere se e quando finalmente un medico si siederà accanto al mio posto letto per conoscermi, magari presentandosi, qualificandosi come punto di riferimento, come figura di raccordo stabile e rassicurante nel comprensibile trambusto di un reparto ospedaliero, scusandosi a nome della struttura per eventuali disguidi, rassicurandomi sugli interventi correttivi in atto, magari anche, perchè no, visitandomi ed esaminando un'ipotesi articolata di trattamento e guarigione. Voglio vedere quando e se accadrà ciò che dovrebbe avvenire sempre, per tutti, senza il borsino delle raccomandazioni o la deferenza spontanea verso i degenti illustri, pratiche che non hanno nulla di diverso, in linea di principio, rispetto alla richiesta di aiuto che il bravo picciotto fa al boss mafioso per risolvere un problema che gli sta a cuore.
Tutto questo deve ruotare intorno a quel complesso di valori umani senza i quali qualsiasi servizio erogato ai cittadini è un involucro vuoto e fortemente squilibrato nei confronti dei potenti o dei servili, non meno responsabili, che con il loro vassallaggio ne perpetuano l'egemonia e l'insaziabile bramosia di predazione sociale.
Qui Ospedale Sacco, Milano. GIORNO 10 dal mio ricovero.
(*) Update. E' venuto il primario. Pare che la risonanza fosse stata prenotata, ma inspiegabilmente fosse poi scomparsa dai sistemi. In ogni caso è riuscito a ottenere dalla radiologia un appuntamento per oggi, e finalmente l'esame è stato effettuato. Sono in attesa dei risultati. Abbiamo finalmente iniziato a comunicare. Vi tengo aggiornati.
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