Nel seguente video e nell'articolo di Guido Olimpio sul Corriere della Sera di oggi le prevedibili conseguenze della crisi libica: possiamo vedere chiaramente nella presente situazione gli enormi interessi economici e politici in gioco, mantenuti per decenni in un equilibrio surrettizio poi venuto meno per il desiderio di libertà dei popoli, sia pure cavalcato dalle personali ambizioni dei capi della rivolta, così come possiamo scorgere nella situazione di tutti i Paesi arabi del Nord Africa un non placato fermento sociale, ideologico, religioso.
Non possiamo non tenerne conto, non possiamo illuderci che la soluzione a problematiche così vaste sia dietro l'angolo: la Storia passata ci insegna che nel delicato meccanismo delle relazioni fra gli Stati basta che un singolo ingranaggio si inceppi per bloccare tutto il resto, figuriamoci quando si tratta di ben di più che di un elemento di secondaria importanza.
Il tempo delle connivenze occidentali con governi del Sud del mondo antidemocratici e dittatoriali sta finendo: sempre di più i popoli reclameranno i loro diritti.
Si tratta di un processo storico tanto inevitabile quanto giusto: starà ai governi delle nazioni cosiddette progredite saper gestire nel migliore dei modi tutti gli aspetti della politica estera, per evitare che le masse esasperate finiscano con l'adottare dei modelli estremisti e che le solite, maledette elites di potere politico e religioso pilotino la reazione popolare verso forme di fondamentalismo che renderebbero il rimedio forse peggiore del male. E nemmeno potremo illuderci, noi occidentali, che tutto si risolva senza che anche noi si debba pagare alcun prezzo.
Il tempo di ipocrite commiserazioni sulle condizioni dei poveri del Sud del mondo, con i costi dei generi più importanti contenuti grazie alle masse schiave, sta per finire per sempre: starà a loro e a noi trovare il modo per camminare assieme e alla pari.
Non illudiamoci pensando che sarà facile.
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r. v.
sabato 30 aprile 2011
Libia e dintorni: potere e cambiamenti
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