venerdì 7 ottobre 2011

La vergogna nasconde la disperazione


Davvero ottimistiche le considerazioni che si possono trarre leggendo questo articolo a firma di Alessandra Ceschia apparso sul Messaggero Veneto di ieri:

Nuovi poveri

raddoppiati in tre anni


Sempre più italiani e stranieri in fila alla San Vincenzo per ritirare alimenti o vestiti. Da giugno aumentati di 400.

UDINE. Arrivano in anticipo. Alcune hanno i bambini attaccati al seno, altre spingono un passeggino, gli uomini si siedono per terra e aspettano. Un tempo lavoravano per le cooperative, nelle fabbriche del Manzanese, assistevano gli anziani, poi è arrivata la crisi e sono stati i primi a saltare. Lavoratori precari, extracomunitari e non. In tre anni sono raddoppiati, si riversano nel cortile del complesso in via Ellero dove i volontari della Società San Vincenzo de Paoli ogni lunedì e mercoledì, dalle 9 alle 11, distribuiscono le borse con gli alimenti, il martedì e il venerdì, invece, è la volta del vestiario e delle coperte. Si accalcano per afferrare i numeri che i volontari distribuiscono e si fa presto ad arrivare a quota 80. Oltre quella soglia tocca tornare a casa perché non basta il materiale nè le risorse umane a disposizione della San Vincenzo per soddisfare tutte quelle richieste.A giugno scorso le persone assistite erano 2.511 (1.992 extracomunitari e 519 comunitari), da allora ne sono arrivati altri 400. È un fiume che non smette di scorrere, fra italiani e stranieri. Dopo aver affollato per ore la sala d’aspetto se ne vanno con la borsa che, in un mercoledì qualunque, contiene 2 pacchi di pasta, 2 di fette biscottate, altrettante di biscotti, una bottiglia di pelati e un sacchetto di pesche. A volte c’è il latte, il formaggio, mentre di olio non ce n’è mai abbastanza. Se ci sono bambini in famiglia si integra con omogeneizzati o vasetti di yogurt, se la famiglia è numerosa si aggiunge qualcos’altro. Nessuno se ne va a mani vuote. La presidente della San Vincenzo cittadina Maria Rita Cantarutti parla di un fenomeno in continua crescita.
«In prevalenza si tratta di extracomunitari, ghanesi, nigeriani, marocchini, soprattutto – riferisce la presidente – ma sono molti anche gli assistiti che provengono dall’Ucraina, principalmente le badanti che hanno perso il lavoro. Cerchiamo di non mandare via nessuno a mani vuote – assicura –, chi arriva da noi con il suo fardello di problemi trova un volontario pronto quantomeno ad ascoltarlo. Chiediamo documenti, stato di famiglia e certificazione Isee per valutare la reale situazione di difficoltà. Alcuni non riescono a saldare le bollette, altri dopo aver perso il lavoro sospendono il pagamento delle rate del mutuo e perdono anche la casa. A volte veniamo contattati dalle assistenti sociali che ci chiedono di farci carico di una situazione difficile».
Di norma chi riceve la borsa degli alimenti non può ripresentarsi prima di una o due settimane, a seconda della gravità della situazione economica.
Una sorta di “triage” per valutare i criteri di urgenza su un intervento poiché, in periodi difficili, anche fra i poveri è necessario marcare le differenze.

Faccio un semplice commento, ricordando la mia situazione di qualche tempo fa*: probabilmente se in fila alla San Vincenzo si recassero anche tutti quegli italiani che evitano di farlo perché si vergognano, altro che quattrocento in più!
*V. qui 

  r. v.

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