Carissimi, non ho il tempo di fare un post articolato come vorrei, ma mi sento in dovere di limitare, o comunque bilanciare, lo sbandamento verso "La Decrescita Serena" che si sta vedendo in questo sito.
Secondo me questo movimento non portera' miglioramenti e rappresenta una forma di depressione sociale.
A tal fine riportero' in calce degli stralci del testo del libro che sto scrivendo e che e' praticamente concluso e che tange anche questo argomento in un paragrafo.
Andrea Meneghetti
La
velocità della vita.
Ma la paura e l'ansia del cambiamento nasce anche sul
problema della velocità come elemento competitivo ed elemento di
disturbo (dell'equilibrio) nella società, ma anche della psicologia
del singolo. La società è caratterizzata da un continuo dinamismo,
che non sempre tutti riescono a gestire e sopportare, perché oramai
abituati ad una situazione che li aveva esclusi dalla competizione
più cruda, oppure perché non hanno la plasticità neuronale per
affrontare le nuove sfide che il cambiamento porta, anche sotto la
spinta di coloro che non hanno nulla e non perdono niente a provare
ad avere una condizione migliore. La soluzione a questo dinamismo è
diversa per ogni soggetto che cerca di alleviare il disagio
psicologico che deriva dal cambiamento.
Decrescita Serena
Un accenno doveroso, anche se
tange solo leggermente gli argomenti di questo libro, va al
movimento, soprattutto europeo, della “Decrescita Serena”. E' un
movimento di carattere moderno che evidenzia una società matura ma
che ha in sé il germe dell'involuzione, molto rischioso per la sua
sopravvivenza. Quando una società intraprende questi percorsi
filosofici manifesta apertamente il sintomo della depressione. [...]
Riduzione
della capacità produttiva. In
questo quadro si inserisce il discorso della riduzione della capacità
produttiva per motivi etici. Una delle circostanze che si possono
creare è che a seguito della propria etica ci si metta un limite
anche nella capacità di produrre ricchezza e questo riguarda sia il
singolo che la società nel suo complesso. [...]
Evitando
tante teorizzazioni, si può spiegare il fatto con un esempio: si
decide che l'uso del petrolio inquina e non si vuole più usarlo. Se
per motivi etici una persona sceglie, quindi, di non usare più la macchina, come conseguenza c'è un limite nella possibilità di
movimento. Infatti, non si può scegliere di coprire grandi distanze
a piacimento, soprattutto di notte, tutta una serie di professioni
non possono essere svolte perché sarebbe necessario un mezzo proprio
per spostarsi e comunque certi lavori non possono essere svolti senza
l'uso di un mezzo, come fare il rappresentante. Ma
in più, c'è anche un limite nel tempo impiegato a fare le cose: se
bisogna spostarsi di tre chilometri in un'area di periferia con la
bicicletta, è più impegnativo in termini di tempo che farlo con una
automobile. Ciò riduce il tempo a disposizione della persona. Per
quello che interessa a noi, tutte le produzioni agricole del mondo
sviluppato non potrebbero essere svolte (al momento) senza mezzi
agricoli e l'uso del petrolio. Ma non tutti la pensano così: <<Se
il petrolio non è più in grado di fare aggio al lavoro – la
meccanizzazione agricola ha questo fine – dobbiamo tornare a
valorizzare il presidio umano sull'attività produttiva:
l'agricoltura contadina o la pesca artigianale rappresentano a tal
fine una risposta coerente.>> (Colombo e Onorati 2009, p. 147).
Queste
forme di “stanchezza” sono sotto certi aspetti deleterie perché
richiamano ad un mondo da favola, che in realtà, non lo è mai
stato. La fame e la scarsità produttiva (oltre che intellettiva)
prima dell'avvento delle tecnologie erano la normalità. Ma ci sono
due punti da mettere ulteriormente in luce: 1) se si vuole “tornare
indietro” bisogna essere consapevoli che la maggior parte dei
nostri orpelli tecnologici dovranno essere abbandonati: dalle
televisioni ai computer, dai telefonini all'Iphone. Ma nel contempo
dovremo rinunciare alla possibilità di avere una cultura competitiva
ed emancipativa e alla possibilità di conoscere altri mondi; 2) se
anche si rinuncia al progresso e ci annulliamo, altri prenderanno il
nostro posto. Altri con diverse etiche che accetteranno altri livelli
di competizione rispetto a chi ha perso forza mentale e si è
assuefatto alla ricchezza ed al surplus produttivo.
Ritornando
quindi al discorso della decrescita serena, raccontarsi di voler una
migliore qualità della vita anche riducendo il reddito sono pensieri
non vitali. Rinunce che nei casi più estremi eliminano molti degli
strumenti che servono a stare nella società con la conseguenza di
avere la difficoltà a vivere. Posto anche che questa scelta sia
un'azione volontaria e non coercitiva, in quanti avranno fatto delle
rinunce? Ma gli altri faranno lo stesso o vivranno sulle spalle di
chi ha rinunciato?
Scegliere
di vivere con meno è un pensiero nevrotico perché non riesce a
valutare la totalità degli agenti in atto e si mette in una
posizione di rinuncia per se stesso e tende a colpevolizzare gli
altri, che riescono invece a vivere senza rimorsi.>>
Personalmente, non condivido quanto è riportato in questo post. Inoltre, non riesco a comprendere perché si debbano sempre e solo osservare situazioni estreme, senza considerare anche quelle intermedie. Per quanto mi riguarda, ho vissuto in pieno gli anni '70 e sotto molti aspetti li rimpiango: recuperare quanto di buono c'era in quegli anni ed eliminare quanto di negativo (=inutile) c'è oggi, secondo me potrebbe essere un modo per vivere in un reale benessere.
RispondiEliminaInoltre, avendo sperimentato cosa significa eliminare un'auto propria e spostarsi in bicicletta o con i mezzi pubblici, posso dire di averci soltanto guadagnato. Ho ridotto sì i guadagni in termini di denaro, ma anche le spese (in particolare quelle sanitarie, quelle per l'attività fisica "coatta", per le assicurazioni obbligatorie, eccetera). Mentre mi sposto non devo spendere le mie energie e il mio tempo per stare attenta alla strada, ma posso concentrarmi molto di più sulle mie cose e, nel contempo, rilassarmi molto di più e far circolare meglio il mio sangue (ricordiamo che ognuno di noi ha bisogno di fare attività fisica almeno due o tre ORE al giorno). Il mio tempo non si è accorciato, ma si è sensibilmente allungato, perché alla fine di una giornata ho ricevuto molti più stimoli di quanti ne avrei ricevuti in una giornata trascorsa a "correre": sono gli stimoli che scandiscono il tempo, non sono i secondi che corrono nell'orologio.
Il nostro benessere non può non passare attraverso il benessere del nostro organismo.
Mi auguro quanto meno che tu abbia provato quello che nel tuo libro intendi criticare e mi auguro che per te non esistano solo il bianco e il nero, ma che tu possa considerare anche le innumerevoli sfumature del grigio.
Il libro e' piuttosto articolato e non parla solo di questo (tratta ti etica agroalimentare).
EliminaCerte volte c'e'bisogno del bianco e del nero per capire bene.
Io ho vissuto per almeno 6/7 anni questa realta' della decrescita ed ho capito dov'e' il "baco" della teoria della decrescita serena.
Consentimi solo una cosa, il bianco ed il nero lo applichi tu e non io che lo teorizzo. Infatti, sei tu che, a quanto dici, hai eliminato la macchina, completamente.
Io invece, ho ridotto al massimo il suo utilizzo, uso anche la bici; questo e' sapere fare sfumature!