"Tutto ciò che volevo era una famiglia! Perdere te è stata già abbastanza dura, ma poi anche le bambine era troppo. Presumibilmente sono malato, ma non so di che cosa. Ciao per sempre! Non ne posso più! Mi dispiace enormemente , ma non c'è più nulla da fare."
Questo è uno dei passaggi dell'ultima lettera che l'ingegnere di origine canadese e residente in Svizzera Matthias Schepp, 43 anni, ha inviato all'ex moglie Irina Lucidi, di origine italiana.
Schepp, in seguito, a suo dire, del mancato affidamento congiunto delle figlie, ha rapito le gemelline Alessia e Livia di 6 anni, portandosele appresso in un folle viaggio tra Svizzera, Francia, Corsica e Sud Italia e le ha con tutta probabilità uccise, si presume somministrando loro del veleno, per poi togliersi a sua volte la vita il 3 febbraio scorso alla stazione di Cerignola, gettandosi sotto un treno in corsa. Mentre scrivo, proseguono le ricerche delle due piccole anche se la speranza di ritrovarle in vita purtroppo non è molta.
Certamente, Matthias Schepp era un pazzo: non c'è disperazione di uomo, di marito e di padre che possa in alcun modo spiegare un gesto simile e molto probabilmente la separazione dalla moglie è stato solo l'elemento ultimo che ha fatto emergere appieno un turbamento profondo e terribile.
Tuttavia, troppi sono i fatti tragicamente simili al suo, anche se il più delle volte non di tale spaventosa entità, perchè si possa archiviarli sempre e solo come casi di follia isolati o etichettarli spesso come espressione dell'istinto bieco di possesso del marito-padre-padrone sulla donna e la prole.
Spiegazione quest'ultima di cui sovente si riempiono la bocca gli avvocati nelle cause di separazione e di divorzio, anche in presenza di circostanze e di situazioni in realtà lontanissime da esiti mostruosi come quello di cui sopra.
Frequente è in realtà il caso di uomini seri e onesti che si ritrovano a fronteggiare accuse ingiuste ed infamanti di crudeltà mentale, trascuranza degli obblighi coniugali e chi più ne ha più ne metta.
Si dirà che questo attiene soprattutto a un discorso di carattere forense, tuttavia è anche vero che si tende ad accreditare molto di più, in questi casi, la versione dei fatti resa dalle donne mentre quasi sempre risulta ben più difficile per il marito e padre far ascoltare le proprie ragioni.
Allo stesso modo, le sentenze dei Tribunali sono in misura assai elevata favorevoli alle richieste della ex consorte piuttosto che il contrario.
Perchè quando la realtà di una coppia, magari con figli, va in disfacimento a pagare il prezzo più alto deve essere quasi sempre il marito?
Perchè, nove volte su dieci, la donna deve vedersi assegnare automaticamente tutta una serie di diritti che viceversa all'uomo, marito e padre vengono in genere concessi con molta più difficoltà?
Di solito, all'ex moglie viene assegnata l'abitazione di famiglia, che frequentemente è frutto più dell'impegno del coniuge che del suo e mentre è molto raro che la madre debba lottare per l'affidamento dei figli, il padre sovente è costretto a sudare sette camicie per addivenire allo stesso diritto.
Casi ormai diffusi ci mostrano anche che mentre l'ex marito si deve svenare economicamente per passare l'assegno di mantenimento all'ex moglie e ai figli, proviamo a pensare che cosa significhi questo per chi percepisce uno stipendio attorno ai mille euro al mese, e si deve cercare un'alloggio il più delle volte precario, tipo camera ammobiliata, l'ex moglie diviene nei fatti la vera proprietaria della casa un tempo comune dove magari vive liberamente, come del resto è suo diritto, qualsiasi tipo di relazione con altri.
Sono situazioni comuni anche da noi in Friuli, dove ormai un matrimonio su tre si interrompe, spesso dopo pochi anni soltanto.
Si dirà che l'attuale situazione è figlia dei tempi, tempi che vedono l'affermazione più che sacrosanta di uno status di parità sociale che alle donne è stato negato per millenni e sono portato a ritenere che questa spiegazione sia credibile.
Ma credo anche che si debba cominciare a conferire una nuova dignità e una nuova autorevolezza anche alla figura del marito e del padre, autorevolezza e dignità che nulla hanno a che fare con l'antico autoritarismo maschile.
Personalmente, sono stufo delle continue lamentazioni delle tante "povere donne", e non voglio qui generalizzare, che, ostentando l'ingiustizia della loro condizione, pretendono che l'ex coniuge diventi niente di più che un bancomat ed un locatore gratuito, non esitando a servirsi dei figli, considerati da molte madri come fossero una loro proprietà privata, quale arma di ricatto nei confronti dell'uomo di cui, spesso, sono state più che felici di "liberarsi".
Si metta mano alle leggi per riconsiderare tutto questo, alla luce dei mutamenti sopravvenuti negli ultimi decenni, per concedere un minimo di dignità anche all'uomo e per far sì, inoltre, che l'istituto del divorzio, dato che in Italia esiste, non debba essere nei fatti appannaggio quasi esclusivo delle classi sociali più abbienti o che almeno non sia, come al momento attuale, una vera e propria disgrazia nella disgrazia per chi abbiente non è.
Rifondare la Famiglia e, di conseguenza, la Società su degli autentici valori di moralità e di rispetto vuol dire anche questo.
Renato Valusso
martedì 15 febbraio 2011
IL DIVORZIO E LA DIGNITA' DEL MARITO ( CORNUTI E MAZZIATI )
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