Di questi giorni in Friuli un grave fatto di sangue scaturito da un disagio psichico legato probabilmente anche alla paura, diffusa ormai tra molti, di perdere il posto di lavoro.
Maurizio Lenarduzzi, 42 anni, di Maniago, operaio in una legatoria, ha assassinato la madre 70enne, infermiera in pensione, a coltellate, nel tardo pomeriggio di venerdì 24 febbraio, nella casa in cui i due convivevano ( Leggi l'articolo).
Per quanto in casi come questo l'elemento disoccupazione, o la paura di restare senza lavoro, possano essere visti come una concausa più che come causa principale della crisi psichica che può condurre a gesti estremi, omicidio ma più spesso suicidio, appare innegabile che la grande incertezza sul proprio futuro possa portare anche persone non necessariamente fragili a momenti di disperazione.
Alcuni freddi dati sul fenomeno dei suicidi legati alla disoccupazione e alla crisi economica.
Un suicidio al giorno tra i disoccupati e record di casi per motivi economici. Una ricerca dell'Eures, istituto di ricerche economiche e sociali, relativa al 2009, delinea un aumento dei suicidi legati alla crisi economica.
Dallo studio è emerso infatti l'aumento di suicidi tra i disoccupati, quasi sempre per motivi economici. Si tratta di un fenomeno aumentato a dismisura nel corso degli ultimi 30 anni e che, nel 2009, ha raggiunto il record: 357 morti, uno al giorno. Persone, cioè, che non hanno resistito alla frustrazione, alla disperazione e alla difficoltà di tirare avanti senza un lavoro. Sono i cosiddetti "suicidi della crisi", il 5,6 per cento in più dell'anno precedente.
L'incremento assoluto del numero dei suicidi, in controtendenza rispetto al biennio precedente, investe sia le donne (+1,6 per cento) sia gli uomini (+5,6 per cento), ma l'incidenza della componente maschile (78,5 per cento) raggiunge nel 2009 il valore più alto mai registrato negli ultimi decenni.
Ciò che preoccupa di più è proprio il crescente rilievo della "matrice" economica: 272 dei disoccupati suicidi nel 2009, cioè 3 su 4, erano soggetti espulsi dal mercato del lavoro. E in ogni caso il lavoro "anche in termini relativi costituisce un vero e proprio discrimine nella lettura del fenomeno": nel 2009 si sono registrati ben 18,4 suicidi ogni 100mila disoccupati contro 4,1 tra gli occupati.
A pagare sono soprattutto gli uomini, dato che il suicidio per ragioni economiche rappresenta un fenomeno quasi esclusivamente maschile (precisamente il 95 per cento dei casi nel 2009).
La perdita di identità dovuta alla mancanza di indipendenza economica è dunque la causa principale che spinge i disoccupati al gesto estremo. Piccoli o medi imprenditori lasciati soli dallo Stato e impotenti di fronte al crollo delle loro attività o giovani sfiduciati che non riescono ad inserirsi nel mondo del lavoro. Il dato forse più allarmante è che lo studio riguarda il 2009, quando buona parte dell'Italia non era ancora consapevole di quanto fosse profonda e avanzata la crisi economica all'interno del Paese.
La disoccupazione e la precarietà cronica sono due facce dello stesso mostro, questa crisi economica che in buona parte si sarebbe potuta evitare, visto che altro non è che il tragico risultato di speculazioni finanziarie "giocate" sulla pelle dei popoli e chiunque capisca un po' di economia difficilmente potrà confutare in buona fede questa mia affermazione.
Ma tant'è: la situazione occupazionale in Italia e anche da noi in Friuli è quella che è.
E allora, che fare? di recente, come i lettori più affezionati di questo blog sanno, noi di Quiudinelibera abbiamo voluto partecipare al Summit MMT di Rimini, voluto dal giornalista Paolo Barnard, che ha portato in Italia un team di importanti economisti per illustrare ai cittadini attivi che si interessano delle questioni dell'economia la possibile applicazione della Modern Money Theory al nostro sistema economico e monetario e quelle che potrebbero essere le implicazioni positive che ne deriverebbero per l'occupazione e lo stato sociale del Paese.
Ovvio però che una soluzione di questa portata, posto che fosse possibile applicarla, solo per poter trovare la possibilità di essere proposta al governo, nella remotissima eventualità che chi comanda in Italia e in Europa prenda minimamente in considerazione la cosa, comporta tempi che sono impensabili per i moltissimi che già sono nella morsa della disoccupazione e del disagio sociale.
Allo stesso modo, non ci sembrano granché le proposte di altri gruppi, che si limitano a rivedere le misure, assolutamente insufficienti e inadeguate, messe in campo dallo Stato e dalle Regioni più che altro come blandi palliativi che come soluzione autentiche alle problematiche sociali suesposte.
Mobilità più o meno in deroga: sì, ma fino a quando?
Lavori di pubblica utilità: idem con patate.
Formazione: per chi, se l'industria privata e l'artigianato locali licenziano invece che assumere?
E poi: possiamo andare tutti a fare i panettieri? o i parrucchieri? o i muratori?
Stronzate.
La realtà è che servono nuove idee, nuove proposte per creare lavoro sul territorio, battendoci nel contempo con forza, e senza fare inchini a nessuno, per ottenere la modifica di leggi che la cricca di grandi finanzieri che guida quest'Unione Europea delle banche e delle multinazionali prima e la schiatta imbelle dei nostri politici poi hanno adottato senza darsi alcun pensiero sulle tragiche conseguenze che tali scelte avrebbero comportato per le masse.
Ad esempio, la proposta per combattere la disoccupazione di lunga durata avanzata dalle pagine di questo blog dal Dott. Andrea Meneghetti (v.) non viene considerata, malgrado balzi agli occhi di un bambino che essa rappresenta un'ottima idea, superiore a tante minchiate finanziate con soldi pubblici, proprio perché le leggi italiane e sovranazionali imposte e non democraticamente discusse con i popoli vanno in tutt'altra direzione.
Sempre più soldi a chi ne ha già tanti e chi non ce la fa...vedremo ( = chissenefrega).
In attesa di organizzarci per trovare delle vie d'uscita a quest'obbrobrio sociale e giuridico, lancio un appello a chiunque legga queste righe e voglia collaborare con Quiudinelibera per muoverci in questo senso: quindi non tanto tentare di migliorare quelle che sono già delle fregature in partenza o dei patetici rappezzi quanto creare delle iniziative concrete di lavoro sul territorio, anche intervenendo sulle leggi per consentire un maggiore spazio di manovra a realtà di questo genere.
A risentirci a presto.
Renato Valusso
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