<<Caro Andrea, molto volentieri Ti mando copia della missiva pubblicata dal Messaggero Veneto in data 6 gennaio 2011.
Considero meritorio da parte Tua dare spazio a voci che troppo spesso restano inascoltate e che vengono ammesse nei risicati spazi per la corrispondenza dei lettori dei quotidiani regionali e nazionali solo a patto di adottare una forma espressiva all'insegna del "con calma e per piacere" che fatalmente finisce con il mutare anche la sostanza del loro messaggio, stante la drammaticità dei contenuti e il dato di esperienza vissuta implicito in tali testimonianze. Di seguito il testo della lettera.>>:
Chiedo di poter intervenire in merito alla risposta dell'assessore regionale al lavoro Angela Brandi alla lettera pubblicata dal Messaggero Veneto del 22 dicembre 2010 a firma del signor Adriano Plozzer, laddove il medesimo lamentava la sua non facile condizione di disoccupato non più giovanissimo e privo dei requisiti per poter accedere a determinati ammortizzatori sociali.
Anch'io, alla stregua del signor Plozzer, mi sono ritrovato per un lungo spazio di tempo nella situazione disagiata di chi, avendo lavorato in una cooperativa di servizi che non era tenuta a versare determinati contributi, non ha diritto ad alcuna forma di indennità di disoccupazione e constato, peraltro senza alcuna sorpresa, che a distanza di circa due anni le situazioni si ripetono pressochè invariate. Vale a dire: un mercato del lavoro riottoso a concedere una anche piccola chance a persone che hanno oltrepassato gli "anta", un Centro per l'Impiego che, nell'esperienza non solo mia personale ma anche di molti altri che ho avuto modo di conoscere, è oramai divenuto un'istituzione pressochè inutile per trovare lavoro, una serie di leggi e provvedimenti tipo gli sgravi contributivi per l'impresa che in realtà sono considerati seriamente dal datore di lavoro solo se sono quelli che riguardano le liste di mobilità, quindi proprio quei disoccupati che già godono di un trattamento privilegiato rispetto agli altri, borse lavoro da 250 euro al mese (!) in cambio, spesso, di prestazioni orarie che normalmente verrebbero pagate come minimo il doppio e altre amenità del genere, tra cui la "proattività" di cui parla l'assessore Brandi.
Ma ci rendiamo conto? Qui non stiamo parlando solo di signorine e giovanotti magari plurilaureati, che già hanno un bell'essere "proattivi" e che magari lo stesso si ritrovano fermi ogni tre-quattro mesi circa ma stiamo parlando anche e in modo segnatamente più drammatico di donne e uomini, spesso con famiglia a carico e con tanti problemi quotidiani da sbrogliare, che dopo otto o magari più ore di lavoro di fabbrica, di cantiere, di magazzino, di giardinaggio, di pulizie civili o industriali, di consegne all'insegna della frenesia, ecc. devono cominciare una seconda giornata di impegni personali e familiari, talvolta anche altrettanto gravosi, tipo il genitore anziano e non autosufficiente, i piccoli da accudire, i lavori di manutenzione della casa, perchè anche lavorando con certi stipendi l'artigiano lo chiami solo quando non puoi farne a meno, e via avanti all'infinito.
Che senso ha parlare a gente come questa, sia che abbia perso il lavoro sia che tema di perderlo, di "proattività"?
Perchè è un termine che fa moda? O piuttosto perchè non si sa dare nessuna sostanziosa risposta a problemi come quello del signor Plozzer, problema che è stato anche mio e che è di tanti altri? In questo secondo caso, ci sarà da preoccuparsi.
Perchè sono problemi destinati ad aumentare e anche di parecchio.
Renato Valusso
domenica 30 gennaio 2011
Lettera per l'assessore al lavoro Brandi
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