CI FARANNO ENTRARE SUL 3-0
Ieri sera sono andato ad una conferenza organizzata dal
gruppo giovani di Confindustria Udine sull’argomento “Etica ed Economia” dove
erano stati invitati i rappresentanti delle istituzioni statali che fanno i
controlli fiscali e del lavoro nelle aziende. La tesi che si proponeva, era
quella di andare verso una categoria imprenditoriale che, per una scelta etica,
sia sempre più onesta, rispettosa della legge e delle regole, che sia di
esempio per i comportamenti personali e riscopritrice dei valori morali e che
quindi sempre più cercherà di lavorare a fianco delle istituzioni per prevenire
i casi di reato; ma nel contempo viene richiesto agli organi controllanti di
avere un comportamento altrettanto equo verso gli imprenditori, senza soverchiarli.
Promotore di questo incontro il vicepresidente dei giovani
imprenditori, Matteo Di Giusto a capo, assieme al fratello gemello, di un’azienda
di ben 800 dipendenti. Io Matteo Di Giusto ed il fratello Michele, li avevo conosciuti
a scuola, visto che alle medie inferiori eravamo nella stessa classe. Sentendo
gli interventi e riflettendo sugli stessi, mi è tornato in mente un episodio di
quel periodo dell’infanzia che è simpatico ricordare: c’era il torneo di calcio
dell’Istituto e i due fratelli giocavano
per una società, di livello, della zona e così hanno preso in mano la
situazione e si sono messi ad organizzare la squadra. Io non ero un campione,
ma me la cavavo, molto più della media della classe, se non altro per la buona
capacità polmonare che avevo dimostrato nelle varie campestri e anche perché comunque
avevo giocato un pochino in una società. Ogni modo, mi sono ritrovato presto in
contrasto con le “scelte tecniche” e sono stato relegato in panchina per tutte
le partite. Ricordo la partita cruciale per passare il turno, stavamo perdendo
3 a 0 e tutti erano arrabbiati della situazione. Ad un certo punto i due
gemelli sono stati costretti a farmi entrare su pressante protesta degli altri
componenti della classe, che comunque sapevano che potevo dare una mano alla
causa comune, avendomi visto giocare più volte. Sono quindi entrato loro
malgrado. Per quei 10 minuti rimasti all’incontro, grazie anche alla mia
freschezza atletica e voglia di riscatto, abbiamo sempre giocato all’attacco e quando
gli avversari avanzavano, tornavo a prendere la palla fino dalla difesa.
Ebbene, il gol della bandiera l’abbiamo fatto ma non è bastato.
Tornando alla conferenza, è da tempo che cerco di esprimere
il concetto che la nostra crisi economica è figlia di una crisi etica. Però
bisogna intendersi che etica non è seguire le regole e pagare le tasse. Non è
fare i buoni ed evitare di essere cattivi. Non è riscoprire i valori dei nostri
padri e dei nostri nonni. Etica è avere dei comportamenti che ci consentano di
essere in equilibrio psicologico con noi stessi e nel contempo compiere delle
azioni che ci consentano di essere competitivi. Grandi gruppi industriali,
anche friulani, si sono sviluppati sfruttando operai e infrangendo leggi; ma i
titolari degli stessi gruppi, sapevano come gestire le situazioni ed erano in
equilibrio psicologico con se stessi, senza dover vivere con i rimorsi. Ed è
questo in ultima analisi saper seguire l’etica, anche se, la morale, risulta essere
diversa per una esigenza di equilibrio sociale e forse i veri imprenditori
sanno gestire anche questo.
La mia paura è che questo sbandamento verso un utilizzo
distorto del concetto di etica, porterà ad una ulteriore riduzione della
capacità produttiva. La scelta di Confindustria è quella di seguire i tracciati
sicuri, tranquilli e che non creino ulteriori tensioni. E’ la scelta più
facile, la scelta delle NON responsabilità. Scelta lecita ma in questo momento
servirebbe evitare le vetuste idee di etica ed invece iniziare a strutturarne
delle nuove, scardinando i vecchi schemi e non accettando lo status quo delle
cose. Solo così, rianalizzando ciò che si può fare o meno, richiedendo alla
politica delle direttive chiare che salvaguardino la produzione ed i vari operatori e che abbiano come fine il
competere in maniera più efficace sia sui mercati interni che quelli esteri, si
può pensare di andare avanti. Regole chiare sono importanti per strutturare il
processo produttivo e se sono valide l’imprenditore troverà utile seguirle. Per
assurdo, ora, per uscire dalla crisi, può servire andare oltre alla legge nel
senso che questa non riesce a garantire più nessuno e quindi il sentiero etico
tracciato dal Presidente Luci, perde di significato nel senso che c’è bisogno
di prendere delle posizioni che impongano, più o meno legalmente ai politici di
fare un certo tipo di riforme che ormai sono essenziali e vitali. Ed invece,
verso la fine del convegno è intervenuto l’Onorevole Compagnon già noto alle cronache
giudiziarie, a cui il Direttore del Messaggero Veneto Monestier, moderatore
della serata, ha fatto un saluto più che reverenziale.
Ebbene, nel contempo, non c’è stata alcuna proposta di
respiro né da parte di Di Giusto e nemmeno da parte del presidente dei giovani
industriali Zamò. Se questi sono i giovani industriali, siamo messi male perché
non sembrano esserci i caratteri essenziali dei dirigenti d’azienda e cioè che
sappiano fare degli strappi, che traccino nuovi obiettivi e con nuove strategie,
che sappiano essere leader, che sappiano confrontarsi alla pari con la politica
senza piegarsi ed accettare le angherie che impone alla classe produttiva. Perché
queste regole vessatorie, che in qualche modo i giovani imprenditori cercano di
gestire, sono delle imposizioni deleterie che non si dovrebbero accettare.
In conclusione, questa serata mi ha fatto capire che quelli come
me (con grossi limiti, soprattutto sotto l’aspetto della capacità di leadership,
ma che comunque in un contesto intelligente possono aiutare la ricchezza di una
società e di una popolazione) continueranno ad essere interpellati sempre
quando ormai saremo sul 3 a 0. Troppo tardi.
Andrea Meneghetti
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